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POPULISMO PENALE

La provocazione contenuta nel DDL tocca il vertice nei punti che riguardano le carceri e i centri di trattenimento e accoglienza per migranti.

A fronte di una situazione di degrado e sovraffollamento ormai ingestibile nella maggioranza delle prigioni italiane e nei CPR, dopo le decine di suicidi e tentati suicidi negli ultimi mesi, si sceglie di procedere esasperando ulteriormente il carattere meramente afflittivo della pena detentiva. 

Vengono   introdotti il reato di partecipazione attiva ad atti di rivolta e di resistenza agli ordini impartiti, comprendendo in quest’ultima anche la resistenza passiva. Viene cancellata quella che era stata una conquista in materia di diritti delle detenute madri, togliendo l’obbligo del differimento della pena per donne incinte o con figli fino a un anno. Si aggiunga, a completare il quadro di un attacco alle garanzie minime di dignità delle persone migranti, il divieto di vendita delle Sim agli stranieri extra-Ue senza permesso di soggiorno, con sanzioni per gli esercizi che non osservino gli obblighi di identificazione dei clienti.

L’indignazione rende difficile anche solo stilare questo sommario sunto dei principali contenuti del DDL il quale ha però un pregio innegabile, quello di rendere palese in maniera plateale l’incapacità delle forze politiche al potere di leggere, gestire e contenere il malessere sociale.

 Le misure di populismo penale, che hanno la parvenza di voler garantire la pace sociale, sono in realtà, infatti, le armi più scontate e spuntate di un sistema che vive nella minaccia di dover fronteggiare l’esplodere delle proprie contraddizioni nei luoghi e nelle situazioni in cui esse trovano la forza di manifestarsi.

Foto di Donald Tong

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