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Lettera aperta al comune

Noi,
volontari di medicina di strada del Naga, che interveniamo nei campi
irregolari, siamo davvero preoccupati perché gli sgomberi continuano e si
avvicina la stagione invernale.

Riteniamo
necessario sottolineare ancora una volta e pubblicamente la gravità della
situazione e le nostre grosse perplessità rispetto alle scelte e agli
interventi dell’amministrazione comunale.

Non
condividiamo il fatto che l’intervento dell’amministrazione comunale sia
centrato sull’EMERGENZA e che si stia investendo eccessivamente (in soldi e non
solo) in strutture emergenziali e molto meno o nulla in soluzioni a medio e
soprattutto a lungo termine/definitive.

La presenza
di rom e di sinti a Milano è una realtà da molto tempo e deve essere affrontata come uno dei tanti aspetti che
un’amministrazione deve gestire in una metropoli.

Non siamo
certo i soli a ritenere che non ci sia mai stata un'”emergenza rom”!

Chiediamo
ancora, e una volta per tutte, di smettere di ragionare, programmare e spendere
per strutture emergenziali e quindi temporanee e non risolutive, ma di
cominciare ora a ragionare, programmare e spendere per soluzioni
diversificate a medio e lungo termine come previsto anche dalle Linee Guida del
Comune (cascine, aree autocostruite, ecc.), consultando e in accordo con le
rappresentanze dei rom. Con questo tipo di scelta, non solo si incoraggerebbe
la partecipazione attiva delle comunità rom nelle decisioni che li riguardano,
ma si favorirebbe anche la loro fiducia nell’amministrazione.

Ci rivolgiamo
all’amministrazione comunale con una lettera, questa volta aperta, perché le
risposte date alla nostra richiesta di chiarimento sulle strutture di emergenza
sociale Barzaghi 2 e Lombroso ci sono
sembrate generiche e insufficienti.

Le due strutture
di emergenza sociale che abbiamo visitato anche di recente, a fine settembre,
sono inadeguate per una serie di motivi.

1.
Sono strutture (4 stanzoni in Barzaghi 2, 6 container in Lombroso) pensate,
predisposte, organizzate per l’emergenza freddo per i senzatetto, non per
famiglie, per persone che hanno cultura, modo di vivere, di relazionarsi, di
alimentarsi, abitudini diverse. I rom vivono, mangiano e dormono in spazi
collettivi senza la possibilità di privacy per i nuclei familiari. Non possono portare/tenere
nulla che non stia sotto il letto, farsi un caffè, un tè, un panino. Consumano pasti forniti dal gestore in un locale mensa
(cucina interna in Barzaghi, centro cottura esterno in Lombroso), non possono
cucinarsi il cibo autonomamente (hanno un tipo di alimentazione e tempi diversi
dai nostri). Questo si è subito rivelato un grosso problema, tanto che
l’amministrazione aveva assicurato che dal 1° ottobre entrambe le strutture
sarebbero state fornite di container-cucina dove le famiglie a turno avrebbero
potuto cucinare. Ad oggi le cucine non
possono ancora essere utilizzate dai rom.

2. Sono strutture recintate, l’ingresso è
controllato giorno e notte dai vigili che identificano chi entra ed esce, rom e
non rom. Entrano solo i rom ospitati nella struttura. Sappiamo che nelle “Linee
Guida Rom, Sinti e Caminanti” approvate
dal Comune un anno fa si dice che nelle strutture emergenziali è prevista la
sottoscrizione di regole per l’accesso, ma abbiamo constatato che in alcuni
casi queste sono in contraddizione con ciò che viene detto nelle stesse Linee
guida e anche nella Strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei
caminanti.

3. Le strutture sono assolutamente insufficienti
a ospitare tutti i rom che vivono nei campi irregolari. Possono ospitare al
massimo 250 persone, attualmente sono già praticamente piene, l’amministrazione
continua gli sgomberi (luglio Belgioioso, inizio di settembre Malaga,
prossimamente Montefeltro e Brunetti e sono quotidiani continui piccoli sgomberi)
“allontanando” centinaia di persone che non possono e non potranno essere
ospitate.

4. La permanenza nelle strutture è temporanea,
40 giorni rinnovabili per quattro volte, quindi la permanenza massima è di 200
giorni. Questa è quindi una sistemazione precaria, senza prospettive. Anche se
in alcuni casi c’è stata una deroga a questa regola (in Barzaghi 2 i rom di
Rubattino sono ancora lì) comunque resta una situazione di precarietà e
incertezza.

5. Secondo le “Linee guida Rom, Sinti e
Caminanti ” del Comune di Milano e anche
secondo la Convezione firmata e sottoscritta da Comune di Milano e Prefetto di
Milano nel marzo 2013, la permanenza nei
centri di emergenza sociale va “accompagnata
da un’attività di sostegno, promozione e accompagnamento all’inserimento
sociale, abitativo, lavorativo e educativo. […]
che dovrebbe essere attuata
dall’ente gestore della struttura. Questi progetti/percorsi sono stati
praticamente inesistenti. Negli ultimi due anni sono state assegnate alcune borse lavoro e per
pochi rom sono stati trovati alcuni lavori stagionali (2 o 3 mesi); per quanto
riguarda l’abitare, non è stata assegnata nessuna casa popolare (si sta
aspettando il bando). I rom che nelle due strutture hanno un lavoro (pochi
regolare, gli altri in nero) l’hanno trovato autonomamente.

6. Ora tutti i bambini nelle strutture sono
stati iscritti a scuola, ma quelli “allontanati”
dai campi mentre frequentavano la scuola, hanno perso l’anno essendo impossibilitati a raggiungere le loro
scuole. Quando terminerà la permanenza nelle strutture, le famiglie si ritroveranno nuovamente per strada, con la
possibilità concreta che i bambini non riescano più a frequentare la scuola.

7. Tra i rom c’è un diffuso timore che quando
vengono ospitati in strutture comunali sia possibile che gli vengano tolti i
bambini per affidarli ai servizi sociali (in alcuni casi è successo).

Tra le comunità rom le
informazioni circolano velocemente ed è anche per tutti questi motivi che molti,
al momento dello sgombero, rifiutano d’andare in queste strutture di emergenza
e preferiscono allontanarsi e insediarsi in luoghi vicini dai quali spesso
vengono ri-sgomberati. Secondo una disposizione, i rom che durante uno sgombero
rifiutano la sistemazione in una struttura d’emergenza, in seguito non potranno
chiedere di poterci andare.

Gli
sgomberi quindi continuano e i rom si trovano ancora una volta a vivere in
condizioni sempre peggiori.

Ad esempio, i rom di via Malaga che non hanno
accettato di andare nelle strutture di emergenza ora stazionano nella zona in
condizioni inaccettabili e sono considerati un problema dagli abitanti del
quartiere, con i quali si era invece raggiunta una accettabile convivenza prima
dello sgombero (come riferisce l’associazione di quartiere “Comitato Ponti”,
contraria allo sgombero). In quel campo, tra l’altro, cominciava a dare buoni
risultati un progetto promosso dal Comitato di Zona 6.

Le strutture di emergenza sono quindi
strutture inadeguate per le quali il Comune prevede di spendere 2.092.000 euro,
più di un terzo dei quasi 6 milioni rimasti del Piano Maroni (vedi Convezione
firmata e sottoscritta da Comune e
Prefetto il 22.03.13). A noi sembrano davvero sprecati perché sono centri di
permanenza temporanea e in totale potranno alla fine ospitare al massimo 250
persone, mentre i rom che oggi vivono in campi irregolari sono circa 2.000.

Ci domandiamo: cosa intende fare il Comune
per questi rom che vivono nei campi irregolari in condizioni spesso di estremo
degrado e che in ogni caso nelle strutture emergenziali non ci stanno e non ci
staranno anche per una semplice questione di numeri?

Intende “considerarli”? Intende prendersene
la responsabilità o continuerà a ignorarli, tranne che per “allontanarli” a più riprese?
Intende fare in modo che vivano in condizioni dignitose?

Molti di questi rom vivevano in condizioni di
regolarità prima che chiudesse uno dei campi storici di Milano, Triboniano, o
che fossero allontanati da campi regolari per il non rispetto del famigerato
Regolamento. Molti di questi, inoltre, in occasione di precedenti “allontanamenti”
hanno rifiutato la proposta del Comune, quindi non potranno usufruirne in
futuro; e queste persone cosa faranno?

In questa situazione pensiamo che vadano
fatte scelte realistiche e concrete.

Un aspetto fondamentale è quello del
riconoscimento della RESIDENZA anagrafica, che permetterebbe a molti rom di
uscire dal circolo vizioso che spesso li costringe all’illegalità.

Chiediamo inoltre che si interrompano gli
sgomberi e si faccia la scelta della “riduzione del danno”, cioè si garantisca
in questi campi:

-la tutela igienico –
sanitaria (raccolta dei rifiuti, acqua, energia elettrica, servizi igienici)

– la tutela dei minori
(scuola)

– l’assistenza per
eventuali percorsi lavorativi e per eventuale accesso all’edilizia residenziale
pubblica.

In
attesa di una presa in carico effettiva da parte del Comune, il Naga continuerà
ad monitorare la situazione e a denunciare ogni violazione di diritti
fondamentali.

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