l’editoriale Tre Piazze:
Tre piazze
La
piazza reale si è presa la rivincita sulla piazza mediatica. E subito abbiamo
dovuto reimparare che le piazze sono diverse tra loro. Mettono paura o fanno
sperare. Sono allegre o disperate. Sono di destra o di sinistra. Nelle scorse
settimane abbiamo visto all’opera tre piazze. In tutte, la figura del migrante
ha avuto un ruolo, attivo o passivo.
A
Tor Sapienza gli abitanti di una periferia romana estrema e negletta hanno
fatto del migrante il nemico, il concorrente, il capro espiatorio a cui far
pagare la propria povertà materiale e culturale.
A
Milano, nell’incendio appiccato a freddo dal Corriere delle sera per ripulire le case dell’Aler dall’abusivismo,
i migranti stanno su entrambi i fronti: tra gli occupanti per necessità, ma
anche tra gli assegnatari in regola, timorosi di ritrovarsi la porta sfondata
dal racket.
Nei
cortei e sui palchi della Cgil e della Fiom, e nello “sciopero sociale” di
precari e disoccupati, i migranti hanno avuto una visibilità e un protagonismo
come non si vedeva da anni.
La
piazza di Tor Sapienza è stata il luogo della più classica delle guerre tra
poveri. Gli scontri tra occupanti e polizia non bastano a far uscire la vicenda
milanese dal perimetro del conflitto orizzontale. Solo facendo perno sul lavoro
(insidiato o inesistente) e sul diritto al reddito, un sindacato tradizionale e
uno in formazione sono riusciti a ridare al conflitto la direzione giusta: chi
sta in basso contro chi sta in alto. Nel
conflitto orizzontale i migranti sono vittime, in quello verticale hanno tutto
da guadagnare.
La redazione
della Nagazzetta