L’approvazione del decreto relativo a “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell’immigrazione illegale” ha una caratteristica fondamentale: la totale incoerenza tra gli obiettivi e le misure proposte.
Secondo Gentiloni “L’obiettivo strategico non è chiudere le nostre porte ma trasformare sempre più i flussi migratori da fenomeno irregolare a fenomeno regolare, in cui non si mette a rischio la vita ma si arriva in modo sicuro nei nostri Paesi e in misura controllata”. Ma, di fatto, non c’è nessun passo concreto per regolarizzare gli ingressi e invece ci sono molti passi concreti per regolarizzare, nel senso di rendere regolari e continuative, le espulsioni.
“Non si chiudono le porte, si mettono girevoli: entri, giri per qualche mese ed esci! I CIE cambieranno nome, ma avranno le stesse inefficaci funzioni e modalità operative. Infine per i richiedenti asilo sono previsti due ‘regali’ notevoli da un lato non potranno far ricorso in appello contro le decisioni negative di riconoscimento della protezione internazionale, ma potranno lavorare gratuitamente per lavori di pubblica utilità: ti tolgo un diritto, ma ti concedo la possibilità di lavorare. Grazie!” Afferma Pietro Massarotto, presidente del Naga.
“Invece di introdurre, per esempio, un sistema di visti e un meccanismo di ingresso regolare per ricerca di lavoro nell’intera UE (altrimenti sarebbe quasi inutile), si approva un nuovo ‘pacchetto sicurezza’ connotato da elementi paternalistici (il lavoro gratuito di utilità sociale) e da una grave diminuzione di tutele giuridiche fondamentali (la possibilità e il diritto all’appello per i richiedenti asilo). Misure che, insieme all’accordo con la Libia, disegnano un quadro che avrà pesantissime conseguenze sulla vita dei cittadini stranieri e il radicalizzarsi di un approccio emergenziale, che guarda agli effetti e non alle cause delle questioni in essere. Un approccio che invece di affrontare con coraggio, lungimiranza e umanità, un fenomeno storico cerca di trovare biechi e grotteschi rimedi. Rimedi come quelli previsti nel decreto “Disposizioni urgenti per la tutela della sicurezza delle città”, che prevede la tutela del ‘decoro’ urbano con l’allontanamento di chiunque lo metta in pericolo e che, in perfetta continuità con il decreto sull’immigrazione sembrano seguire l’unico grande evidente desiderio della politica di fronte alla complessità e alle criticità del presente: spostarle e non vederle così che prima o poi smettano di esistere.”