Occuparsi d’immigrazione non vuol dire occuparsi di “un settore della società” o di “un categoria di persone”, ma occuparsi di tutto.

L’immigrazione infatti non è un “un pezzo”, ma una lente con cui leggere, diversamente, la realtà e per immaginare diversamente il futuro.

E questa lente funziona costantemente, anche quando meno te l’aspetti, guardando ad esempio la premiazione del Festival del Cinema di Venezia. Il premio per la miglior opera prima va a un regista sudanese che, ritirandolo, spiega che gli attori protagonisti del film non hanno potuto accompagnarlo perché non è stato loro concesso il visto; pochi minuti dopo il premio per il miglior cortometraggio nella sezione Orizzonti va a un regista pakistano che, a sua volta, spiega che il visto gli era stato negato cinque giorni prima e che solo l’intervento dei responsabili della manifestazione ha permesso di farlo arrivare fino in laguna.

La logica sembra chiara: il primo passo per aiutarli a casa loro è quello di farceli rimanere.

Noi invece crediamo che debba essere garantita la #liberacircolazione a tutte e tutti: da chi si sposta per presentare la propria arte a chi viaggia per lavoro, da chi fugge perché non ha alternative a chi parte semplicemente perché gli va.