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Mohammed

Dal 1987. Tutti i giorni noi incontriamo persone.
Ecco la testimonianza, di qualche anno fa di un volontario del Naga. Sostieni il Naga, adesso. http://naga.it/dona/
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Mohammed. Si chiama proprio così, non è uno pseudonimo. Ha 32 anni, egiziano, bel ragazzo, viso pulito e sorriso buono. In Egitto sarebbe uno dei tanti disperati disoccupati senza futuro, ma il destino ha avuto un occhio di riguardo per lui, ed ecco la sua storia.

Sono circa le 18.00 e mi trovo alla fermata della metropolitana, Garibaldi, diretto a casa dopo una giornata di lavoro. Anche Mohammed è lì, ma lui deve prendere un treno, e non ha i soldi per pagarsi il biglietto. Timidamente si avvicina e mi chiede una mano. “Devo prendere il treno, e non ho soldi…” “Vecchia storia”, penso, tipica da stazione ferroviaria…

Ma lui ha un viso pulito e decido che, per una volta, mi piace l’idea di fidarmi di uno sconosciuto: gli do 5 euro. Lui è contentissimo e insiste che vuole il mio numero di telefono. Dice che vuole assolutamente restituirmi i soldi al più presto, e quindi vuole potermi rintracciare. Di nuovo metto da parte la diffidenza, e gli do il mio numero di cellulare, assolutamente certo che non mi restituirà mai i 5 euro…

Passano due giorni e Mohammed mi telefona. Ha i 5 euro e vuole incontrarmi per ridarmeli. Stupore e incredulità sono le mie prime reazioni, poi trovo il fatto alquanto divertente.

Gli dico che non importa, non rivoglio nulla, ma lui insiste e, allora, per non deluderlo accetto di incontrarlo alla Stazione Garibaldi, e mi faccio offrire un Kebap e bibita: 5 euro esatti. E tra un boccone e l’altro inizio a conoscere questo giovane.

Convivere con il rischio.
Vive in Italia ormai da 6 anni. Si mantiene facendo le pulizie in varie imprese, e, ovviamente, non ha mai avuto la possibilità di sperare in un permesso di soggiorno. E’ entrato in Italia irregolarmente, non ha cercato nessun matrimonio di comodo, ma ha sempre contato solo sulle sue forze e si è mantenuto lavorando in nero.

Da 6 anni convive col rischio di essere fermato dalla polizia, in banali controlli di routine, ed essere espulso. In strada sta molto attento a tutti quelli che camminano davanti a lui, e vorrebbe avere occhi anche dietro, per individuare poliziotti, vigili, carabinieri, in divisa o in borghese, ed essere pronto a scappare, se necessario. Chiede solo di continuare a lavorare e a vivere in pace, ma sa di non avere questo diritto, e allora è diventato bravissimo a controllare il territorio e a individuare la presenza delle forze dell’ordine in tempo utile per mettersi al riparo da cattive avventure.

Un po’ grazie a questa abilità, e un tantino grazie a una buona dose di fortuna, non è mai stato fermato in 6 anni. Ne è felice, ma sa che da un momento all’altro potrebbe essere preso e rispedito in Egitto. Sa di non potere mai abbassare la guardia.

Lo ascolto con attenzione, e sono felice di averlo conosciuto. Mohammed, in fondo, non ha un’età diversa da quella di tanti miei amici, ma di sicuro la sua esperienza di vita non ha nulla a che fare con quella di chi frequento normalmente. Io e lui siamo più o meno coetanei, viviamo nella stessa città, ma che differenza tra le nostre vite!!

Una presenza positiva
Dopo quell’incontro passano alcuni mesi. Mohammed ogni tanto mi telefona. Mi chiede come sto, mi saluta e mi ringrazia ancora per la mia disponibilità. Mentirei se dicessi che siamo diventati amici, ma Mohammed non è più uno sconosciuto. E’ una presenza positiva, qualcuno che in qualche modo sa farsi volere bene, e, soprattutto, qualcuno di cui so di potermi fidare.
Passano altri mesi. Le telefonate non si interrompono, e sporadicamente ci troviamo a fare qualche chiacchierata, compatibilmente con i ritmi micidiali di Milano, finché a un certo punto, nell’estate assolata del 2009, quando nessuno se l’aspetta, ecco che accade qualcosa di inatteso: si inizia a parlare di sanatoria. All’inizio sembra solo una proposta di legge, ma poi in un batter d’occhio diventa legge.

Uno spiraglio e una ricevuta
E’ la fine di agosto e io non ho ancora fatto vacanze. Lavoro come al solito e per me la procedura di emersione non significa nulla. E’ solo una delle tante notizie date dai tg. Per Mohammed invece le cose stanno diversamente. Dopo anni di rassegnazione si apre per lui uno spiraglio, una possibilità per uscire dall’ombra, per prendere il permesso di soggiorno. Ma la cosa non è facile. Lui non ha un lavoro fisso. Lavora a ore presso diversi datori di lavoro, e la procedura di emersione richiede che un unico datore di lavoro lo assuma per 20 ore settimanali minimo. Nessuno è disposto a fare questo per lui. Anzi, ci sono persone disposte, ma la cosa ha un costo elevatissimo. I prezzi della sanatoria, come denunciano i giornali in quei giorni, si aggirano tra i 4000 e i 9000 euro…troppo.
Per un po’ non lo sento una sera lo vedo arrivare al Naga con una ricevuta. Ha trovato un datore di lavoro e Mohammed è diventato, sul territorio italiano, una persona. Non è più clandestino.

Leggero e libero
Il giorno dopo ricevo una telefonata insolita. Dopo il “Come stai?” Mohammed si lascia andare a qualche commento. “Ciao, sono in Corso Buenos Aires e mi fermo a guardare le vetrine. E’ la prima volta che guardo solo le vetrine e non guardo con timore tutti quelli che mi stanno attorno. E’ la prima volta che non ho paura. E’ la prima volta che tengo la testa alta e mi sento leggero, libero. E’ la prima volta che, dopo tanti anni, ricordo cosa vuol dire essere un uomo. Grazie”.

Foto: I. Carmassi – Ambulatorio Naga

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