Li abbiamo visti per i lunghi mesi del lockdown sfrecciare sulle loro biciclette per le strade delle città deserte come moderni cavalieri, portatori di cibo e perfino medicinali (il 2 giugno scorso il Presidente della Repubblica ha nominato Cavaliere del lavoro il rider palestinese Mahmoud Lufti Ghuniem che aveva portato di sua sponte 1000 mascherine alla Croce Rossa).
Abbiamo cominciato a pensare che fossero degli eroi, loro che sono spesso dei richiedenti asilo, lontani dalla propria casa e dai propri cari, vessati e con paghe da fame, sempre in strada con qualsiasi tempo e per qualsiasi nostro sfizio.
Poi Trenord decide che non possono più caricare le loro biciclette sulle ferrovie per venire o tornare a casa, adesso che i vagoni non sono più vuoti, adesso che dei rider abbiamo meno bisogno perchè abbiamo ricominciato a uscire e lavorare. E allora ecco che sabato sera il cerchio si chiude: il rider protesta, è stanco, vuole portare la bici sul treno per non fare altre decine di chilometri dopo le decine che ha già fatto, vengono chiamati gli agenti, ben cinque, che lo arrestano e lo portano via tra le proteste dei suoi compagni.
Questo non è un paese per cavalieri. Finita l’emergenza gli “eroi” sono già dimenticati e si è tornati alla brutale normalità. Qualche giorno fa le botte ai lavoratori della logistica di Peschie…