Il calciatore uruguayano Suarez, coniugato con un’italiana, pare sia inciampato nella sua richiesta di cittadinanza italiana.
Il motivo? Non saper parlare bene l’italiano.
Motivazione interessante all’interno di un quadro sulla cittadinanza in cui vige lo ius sanguinis e in cui addirittura se hai un avo risalente all’unità d’Italia ma l’Italia non l’hai mai vista e l’italiano proprio non lo parli, la cittadinanza puoi ottenerla senza problemi. Lo stesso quadro che prevede invece che un ragazzo nato in Italia da genitori stranieri, che parla perfettamente italiano e l’Italia la conosce benissimo perché è casa sua, fino ai 18 anni sia un perfetto straniero.
Di fronte al mondo in continuo mutamento, a una realtà che cambia e si modifica e a generazioni e identità sempre più meticce, mescolate e indefinibili, la sovranità nazionale ha partorito una check list di ammissibilità ed ha definito l’italianità minima attraverso una serie di criteri arbitrari e fuori dal tempo. Con la conseguenza che c’è chi può provare a superare i paletti grazie al suo potere economico e chi invece li subisce senza possibilità di scampo, in un guazzabuglio insensato di sangue, regole, certificati e affetti.
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