Una nave privata italiana che, su ordine della nostra Marina Militare, soccorre quasi trecento profughi alla deriva e li riporta verso i lager libici.
Non sarebbe nemmeno una notizia così sorprendente perché che episodi del genere siano frequenti è risaputo.
Quello che impressiona in questa occasione è che, a fronte di un armatore privato che presenta la documentazione necessaria per ricostruire l’accaduto, si riscontra la totale assenza di risposte da parte sia dello Stato italiano che delle agenzie delle Nazioni Unite.
In particolare, il rifiuto di rispondere agli accessi agli atti viene giustificato con il segreto militare che coprirebbe le azioni della Marina.
Le operazioni di salvataggio in mare vengono secretate perché, di fatto, diventano respingimenti collettivi verso un porto non sicuro di persone che intendevano fare richiesta di protezione internazionale.
Violando le leggi italiane e i numerosi trattati internazionali a cui il nostro governo sarebbe vincolato.
Non si vuol fare sapere o, meglio, non si vuole ammettere ufficialmente che le nostre forze armate sono responsabili del ritorno, verso i lager libici da dove erano fuggiti, dei sopravvissuti a un naufragio.
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Foto di Alexander Zvir