La Gran Bretagna ha deciso in questi giorni di trasferire in Rwanda i richiedenti asilo che arrivano sulle sue coste attraversando la Manica. La notizia a prima vista sembra surreale, dato che i richiedenti asilo saranno “ospitati” in hotel nella nazione che ha vissuto una delle pagine più drammatiche della storia recente, il genocidio che ha coinvolto le etnie Hutu e Tutsi.
In quell’orrore un uomo, Paul Rusesabagina, allora direttore di albergo, salvò 1268 persone ospitandole in quello che è poi stato chiamato appunto “Hotel Rwanda”. Oggi quello stesso uomo è stato condannato, con una generica accusa di terrorismo a 25 anni di carcere in uno degli stati più autoritari di tutta l’Africa. Ecco questo è il luogo dove la Gran Bretagna pensa di mandare i richiedenti asilo, nel momento in cui milioni di profughi ucraini sono in viaggio per l’Europa e una maggiore sensibilità su questo tema parrebbe d’obbligo.
E invece ormai il riflesso condizionato dei governi europei, o ex europei come la GB, è sempre e solo quello dell’allontanamento e del confinamento. La pratica di respingimenti non è certo nuova. Se poi la distanza è di 7000 km come in Rwanda o di pochi km come i CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio ) nelle periferie urbane delle nostre città, il risultato è il medesimo: cercare di cancellare questa umanità che bussa alla nostra porta e relegarla in luoghi dove poterla dimenticare.
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