Per me il lunedì significa Naga. Sono un chirurgo e sono volontario al Naga dal 1990. Prima in viale Bligny poi in via Zamenhof.
Tutti i lunedì. Sempre.
Non mi sento un volontario, per me fare il medico al Naga è impegno, partecipazione, militanza, una pratica di difesa dei diritti di tutti. Nel mio caso anche attraverso la medicina. Ma non solo. Curare, ma anche far luce, raccontare, denunciare. E anche incontrare persone. Incontri che mi modificano, mi contaminano, mi arricchiscono. Ogni lunedì.
Ma non tutte le storie mi colpiscono nello stesso modo.
Qualche lunedì fa è entrato in ambulatorio un 23enne tunisino. È ben vestito, parla bene inglese e ha lasciato la Tunisia dopo la laurea. Lamenta dolore alla gamba destra e mostra un foglio di dimissione da una clinica austriaca, naturalmente in tedesco. Racconta che il dolore alla gamba è insorto dopo aver camminato per 21 giorni dalla Turchia alla Bosnia. In Bosnia gli è stata fatta una diagnosi di trombosi venosa profonda, cioè un coagulo all’interno di una grande vena, pericoloso perché frammenti possono staccarsi e formare emboli potenzialmente mortali. E anche una polmonite. O almeno così capisco. Sembra abbia anche assunto dei farmaci, ma non riesco a capire quali.
A maggio è stato dimesso da una clinica austriaca con conferma della diagnosi e gli viene consigliata una terapia con farmaci anticoagulanti di ultima generazione (NAO), che però non ha mai assunto. Adesso vive per strada a Milano. Gli consegno una scatola di NAO e lo invio presso le strutture pubbliche per la presa in carico e dove viene riscontrata anche la positività alla tbc.
Poi perse le tracce.
Varcherà ancora la soglia dell’ ambulatorio? Non lo so. So solo che io sarò al mio posto, al Naga.
Come ogni lunedì.