C’è la guerra in Europa, l’inflazione che si mangia i salari, la crisi della rappresentatività e il problema è… lo Ius Scholae!
Non ci stupiamo: l’immigrazione assume di nuovo una funzione di costruzione identitaria per una classe politica che non riesce a interpretare ciò che la società sente e vive con normalità.
Quindi ecco la levata di scudi di pezzi, grandi e piccoli, del panorama politico italiano che sonnecchiano su moltissimi aspetti della vita economica e civile del Paese ma che, su questa vicenda, si risvegliano improvvisamente dal torpore e costruiscono, in tutta fretta, barricate e steccati insuperabili, retaggio di un passato che non vuole passare. È come se questo ceto politico avesse bisogno di aggrapparsi a questo diniego per ritrovare, appunto, un’identità ormai perduta e simulare una capacità di dare risposte che di fatto non ha più.
Questo sbraitare diventa, dunque, il segno inequivocabile dell’incapacità, ormai manifesta, di incarnare il tempo presente (e il futuro) come, invece, fanno le migliaia di bambini e bambine che, Ius Scholae o non Ius Scholae, sono di fatto già Italiani e italiane.
