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La testimonianza di un medico del Naga.


Durante il mio solito turno del mercoledì, si presenta un ragazzo pachistano di 37 anni che parla solo inglese. E’ molto agitato perchè l’ultima sua sorella di 38 anni è stata ricoverata il giorno prima per infarto miocardio acuto e nell’anamnesi appare una familiarità gravissima per patologie cardiovascolari, sia riguardanti entrambi i genitori deceduti entro i sessant’anni di età che riguardo una sorella deceduta a quarantacinque anni per infarto.

Gli chiedo di ripetere con uno schema scritto ciò che mi aveva appena riferito in tono concitato, poiché stentavo a credere possibile una tale morìa familiare. Inoltre accusava dolori vaghi alla spalla sinistra e al torace.
La pressione arteriosa era 180/100 ed il polso frequente (90 ritmico). In parte ciò era giustificato dallo stato di agitazione. All’auscultazione cardiaca non apparivano anomalie, a parte dei toni concitati, ma senza presenza di soffi. A questo punto ho somministrato un farmaco specifico ottenendo una lieve riduzione dei valori pressori ed un soggettivo benessere. Ho deciso comunque di inviare in ambulanza in urgenza il paziente con richiesta di valutazione cardiologica, Elettrocardiogramma ed Ecocardiogramma.

Il mattino dopo ho telefonato all’Auxologico, dove era stato portato il paziente, per chiedere notizie. La collega cardiologa, gentilissima, ha risposto che l’elettrocardiogramma era normale e non c’era un preoccupante innalzamento degli enzimi di miocardionecrosi come in caso di infarto, per cui, stando le condizioni del soggetto stabili, anzi migliorate, prevedeva di dimettere il paziente. Per scrupolo e completezza data la giovane età e la preoccupante famigliarità per patologie cardiovascolari, preferiva però dimetterlo solo dopo l’esecuzione di una TAC coronarica.


Pertanto mi aveva suggerito di richiamare nel pomeriggio per aggiornarmi.Ma nel pomeriggio è stata la collega stessa che mi ha chiamato, comunicandomi che l’invio in urgenza era stato provvidenziale poiché la TAC aveva dimostrato dei tratti delle coronarie chiuse; in particolare l’arteria coronaria destra presentava un restringimento del 99%. Per cui i cardiologi avevano provveduto ad agire con intervento di angioplastica e posizionamento di stent nell’arteria coronaria destra risolvendo in questo modo il rischio ischemico che avrebbe altrimenti provocato un infarto.

Anche altri rami di arterie coronarie presentavano riduzione dal 40 al 70%.Il caso si era presentato veramente subdolo ed insidioso, apparentemente non grave in prima battuta; in pratica ho inviato un soggetto più per la grave familiarità che non per l’obiettività che appariva un – sia pure giustificato – conclamato stato d’ansia. E così era sembrato anche ai cardiologi. Ma un esame più specifico aveva rivelato la pericolosa potenzialità infartuale.


Nella sua straordinarietà questa storia mi ha mostrato ancora una volta come sarebbe invece essenziale poter accedere al medico di base per prevenire le complicanze più gravi. Dovrebbe essere ordinario e non straordinario. Per garantire questo diritto ci battiamo ogni giorno qui al Naga, da 35 anni.

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