Abbiamo ricevuto la settimana scorsa nella casella di posta del Naga un’e-mail che ci ha stupito e indignato: una grande struttura ospedaliera milanese ci chiedeva di accogliere presso il nostro ambulatorio medico un loro paziente, una persona senza fissa dimora con necessità di medicazioni a ferite gravemente infette; alla richiesta erano stati allegati tutti i dati personali e sanitari del paziente e persino i contatti dei parenti.
“Come riconosciuto dall’art. 35 del Testo Unico sull’Immigrazione, tutte le persone presenti sul territorio italiano hanno diritto alle cure mediche ‘urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative’, indipendentemente dal loro status giuridico e dalla loro condizione abitativa. La richiesta dell’ospedale di scaricare verso una struttura di volontariato il proseguimento delle cure di un loro paziente è grave in termini di mancata assunzione di responsabilità, ed evidenzia in modo inequivocabile il tentativo di delega al terzo settore di una funzione eminentemente pubblica, che tale deve restare” afferma Fabrizio Signorelli, Direttore Sanitario del Naga.
“Non è la prima volta che succede, ma questi episodi ci lasciano ogni volta esterrefatti e sdegnati. Ci chiediamo anche se si sarebbe ritenuta normale una richiesta di questo tipo, con l’invio senza alcuna precauzione di dati così sensibili e personali a un indirizzo e-mail generico, se il paziente fosse stato una persona con cittadinanza italiana”, prosegue Signorelli.
“Come Naga abbiamo risposto invitando caldamente l’ospedale a una presa in carico urgente e definitiva del paziente, per la quale la struttura è perfettamente attrezzata. Come associazione ci siamo e ci saremo per chi ancora non trova accoglienza e cura da parte del servizio pubblico, ma rifiuteremo sempre ogni tentativo di chiamarci a sostituirlo, per continuare invece a difendere i diritti di tutte e tutti e a perseguire il nostro obiettivo primario: sparire”, conclude il Direttore Sanitario del Naga.
Foto di cottonbro studio