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Una sanatoria senza limite di tempo

Il provvedimento straordinario per la regolarizzazione degli stranieri irregolari e l’emersione dal lavoro nero, varato la scorsa primavera con l’obiettivo dichiarato di far fronte alla carenza di manodopera straniera nel settore agroalimentare provocata dalla chiusura delle frontiere dovuta alla pandemia, si avvia verso un fallimento certificato da numeri impietosi. A quasi un anno di distanza, su oltre 207.000 domande di emersione e regolarizzazione presentate, solo 1.480 si sono concluse con la stipula del contratto di soggiorno. Le altre sono ancora in attesa di essere valutate. Le Prefetture, con gli attuali tempi di evasione delle pratiche, potrebbero metterci anche 30 anni a completarne il vaglio.

All’epoca in cui era stata lanciata, avevamo salutato questa nuova sanatoria con atteggiamento critico perché, a nostro parere, presentava parecchie problematicità che riproducevano i limiti che questi provvedimenti hanno sempre avuto. Il loro carattere di interventi eccezionali, volti a sanare una situazione sfuggita dal controllo, non ha mai affrontato i nodi principali del problema: la mancanza sia di canali per l’ingresso regolare sul territorio italiano sia di percorsi che permettano allo straniero privo di permesso di soggiorno di avviare un percorso di regolarizzazione che lo sottragga alla sua condizione di precarietà assoluta. Canali ai quali dovrebbe essere possibile accedere costantemente e non in virtù di una legge straordinaria che appare una volta ogni molti anni.

A questi limiti storici se ne aggiungevano alcuni specifici. In particolare, ci preme ricordare la scelta dei settori lavorativi l’impiego nei quali permetteva di fare domanda di emersione. Concedere questa possibilità ai soli lavoratori agricoli e a quelli che si occupano della cura alle persone, cioè colf e badanti, escludendo quelli di altri settori nei quali l’incidenza del lavoro nero fornito da persone prive di permesso di soggiorno è altissima, ci sembrava una scelta discriminatoria, miope e incapace di guardare alla realtà della condizione delle persone migranti.

Adesso, a molti mesi di distanza, ci verrebbe da commentare che l’unico limite che la sanatoria non ha è quello del tempo.

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