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La gestione punitiva dell’immigrazione.


Intervista a Pietro Massarotto, avvocato e volontario del Naga, sugli ultimi sviluppi normativi e politici in materia d’immigrazione.


– Quali saranno gli effetti materiali delle norme introdotte nel decreto appena pubblicato?

Bisogna ricordare che i 18 mesi di permanenza nei Cpr erano già stati introdotti dal quarto Governo Berlusconi nel 2011. Nel 2014 i termini erano stati modificati dal Governo Renzi sulla base di una serie di modifiche giurisprudenziali europee e portati agli attuali 90 giorni.

In quel triennio l’effetto della permanenza di 18 mesi nei CPR non ebbe sostanzialmente alcun impatto sulla percentuale di allontanamenti dal Paese. Emerse in quell’occasione che l’allontanamento o veniva a concretizzarsi nel giro di 60/90 giorni oppure si rendeva definitivamente impossibile. Conseguentemente quello che successe più 10 anni fa, ragionevolmente succederà anche adesso.  
Questo è dovuto anche al fatto che i rapporti internazionali italiani con i Paesi del Nord Africa, nonché Sub- Sahariani, si sono sì rinforzati con riferimento ad alcuni aspetti, ma non hanno portato ad un rafforzamento dei rapporti quanto ai rimpatri. Gli accordi bilaterali che attualmente esistono in materia di espulsione sono soltanto con Tunisia, Albania, Egitto, Marocco e Nigeria ma l’unico che è realmente attivo è quello con la Tunisia. Nel 2022, secondo i dati forniti dal Ministero sono stati materialmente allontanati dal territorio “solo” 2.000 persone di cu il 70% verso la Tunisia. Verso l’Egitto sono state rimpatriate 300 persone nel giro di 3 anni e verso il Marocco pochissime decine. In buona sostanza l’Italia non ha rapporti bilaterali effettivi ed efficaci per il rimpatrio coattivo.


L’efficacia delle espulsioni non aumenterà, quello che invece diventerà molto più evidente sarà la dannosità e l’afflittività della detenzione per le cittadine e i cittadini stranieri irregolari sul territorio italiano che potranno essere trattenuti fino ad un anno e mezzo.


E’ evidente che è un periodo abnorme per un provvedimento di detenzione amministrativa che già in sé è quasi una contraddizione. La detenzione infatti o deriva da un reato oppure non dovrebbe darsi.
L’aumento dei termini ha però un potente effetto simbolico: porta a rafforzare cioè l’idea che il trattenimento serva a punire le cittadine e i cittadini stranieri per essere irregolari sul territorio italiano. Una punizione per quello che si è, cioè cittadine e cittadini stranieri.
Quindi gli effetti materiali saranno in termini assoluti limitati; mentre saranno assolutamente dannosi in termini individuali per le cittadine e cittadini stranieri che incapperanno nei controlli di polizia.
Inoltre per quanto riguarda l’idea di raddoppiare il numero dei Centri -al momento ce ne sono 9 di attivi- i fondi destinati sono largamente insufficienti (non che questo ci debba preoccupare, naturalmente). La costruzione è poi delegata al Ministero della Difesa, con ciò sottolineando ulteriormente come per l’Italia l’approccio sia, appunto, di difesa – fallimentare- dei confini e non di gestione di un fenomeno, per un verso, millenario, per altro verso, ordinario.

– Quali gli obiettivi politici delle norme?


Gli obiettivi politici sono di due tipi.
Uno di carattere interno ed è rivolto all’elettorato del centrodestra e alla cittadinanza più ostile nei confronti dell’immigrazione e costituisce un segnale “rassicurante”. Tende a manifestare l’idea che il Governo abbia ben presente quale sia il “problema” e che se ne voglia prendere carico. E’ una strategia che il centro-destra percorre da tantissimi anni e che, più o meno, negli ultimi tre anni ci fa assistere a una rincorsa verso il peggio tra la Lega e Fratelli d’Italia.

Sotto altro profilo, i provvedimenti tentano anche di realizzare una saldatura verso l’esterno di carattere internazionale con tutti quei Paesi come, per rimanere in Europa, l’Ungheria di Orban e la Polonia che hanno messo al primo punto della loro agenda politica la cosiddetta difesa dei confini sovrani e conseguentemente la difesa dell’identità nazionale e il respingimento degli stranieri in quanto tali.
Un obiettivo già perseguito in passato che viene rafforzato. Vale la pena ricordare la Le Pen sul palco di Pontida pochi giorni fa e il discorso della Meloni di questa notte all’ONU, durante il quale, invece di occuparsi delle questioni internazionali più urgenti e delicate nelle quali l’Italia  è coinvolta, ha inteso e preferito parlare di “guerra totale agli scafisti” esprimendo una posizione politico-pragmatica assolutamente miope, fortemente ideologizzata e senza alcun contenuto effettivo ma che tende a supportare quella sorta di piattaforma rivendicativa che costituisce il manifesto delle destre europee e mondiali.

– Come si inseriscono queste disposizioni nella gestione/scelte degli ultimi 20anni? C’è uno scarto/accelerata reale o solo mediatica?

Tuttavia, rispetto all’impostazione precedente della destra nostrana, che era in qualche modo accessoria e andava a rimorchio delle destre mondali, nel discorso fatto stanotte da Meloni io vedo anche il tentativo di rivendicare una sorte di primazia della destra italiana, di rivendicare una sua importanza nel panorama internazionale. L’idea sembra quella di teorizzare in modo pubblico e forte -perché davanti all’ONU- l’approccio di chiusura del populismo sovranista, di fondare un’ideologia, certo infondata ma che non manca di soggetti disposti ad aderire.

Quanto alla politica di “gestione” dell’immigrazione degli ultimi anni, credo sia opportuno porre sempre come punto di partenza la legge Turco-Napolitano del 1998; direi comunque che non c’è un reale scarto o una rilevante accelerazione verso il peggio. O meglio: sicuramente le condizioni per i migranti peggioreranno, ma dal punto di vista dell’impostazione le norme erano pessime fin da 25 anni fa e hanno continuato a peggiorare nel corso di questi anni, tanto da poter dire che il dibattito sulla libertà di circolazione è caduto nel dimenticatoio. E, se si dovesse raccontarla da un punto di vista storico, sarebbe il racconto di una sconfitta politica e culturale.


Rispetto all’incidenza effettiva sul fenomeno migratorio gli effetti saranno modesti. Molteplici studi, oltre all’evidenza fenomenologica, dimostrano la non-incidenza delle normative maggiormente di chiusura (o eventualmente di aperura) rispetto ai reali movimenti migratori. Non c’è, infatti, correlazione tra il cd. irrigidimento/affievolimento delle norme e l’immigrazione effettivamente registrata in un dato Paese.  Al contrario, dal punto di vista mediatico e della propaganda è l’ennesimo rilancio; si continua ad assistere a un balletto politico orrendo e doloroso che persevera nel cercare di “nascondere” dietro il paravento ideologico della lotta all’immigrazione i problemi reali della società.

Foto di sinistra: © Credito: Giada Papini Rampelotto/EuropaNewswire / Ipa-Agency.Net / Fotogramma

Foto di destra: © Credito: Alberto Lo Bianco / Fotogramma

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