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Arrivate in troppi? Il vostro paese diventa improvvisamente sicuro.

Sembra questo l’elementare ragionamento che ha indotto il Ministero degli Esteri all’aggiornamento della lista dei paesi cosiddetti sicuri, il 7 maggio. Stiamo parlando di un provvedimento che ha la conseguenza di esporre le persone, provenienti dai paesi inseriti in quell’elenco, alle procedure accelerate per la valutazione della loro richiesta d’asilo e, nel caso la procedura sia anche di frontiera, al trattenimento negli hotspot o nei CPR. Il diritto di asilo viene così svuotato delle garanzie che permettono di valutare correttamente le istanze presentate e, contemporaneamente, criminalizzato attraverso l’applicazione della restrizione della libertà personale.

I sei nuovi paesi sono: Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka.
Dicevamo che la ratio della scelta sembra essere legata al numero di arrivi e non alle condizioni effettive del rispetto dei diritti umani nel paese d’origine. Per esemplificare quello a cui ci riferiamo, bastano i numeri di arrivi di persone provenienti, l’anno scorso, da due degli stati appena inseriti. Dall’Egitto, un paese dove la repressione politica in corso da oltre un decennio è notissima – in particolar modo in Italia grazie ai casi Zaki e Regeni, tutt’altro che isolati – sono state 12.000. Dal Bangladesh, dove il tema della tratta delle persone migranti è un fenomeno che è un eufemismo definire preoccupante, sono state 11.000.
La realpolitik un tempo esprimeva le sue posizioni apertamente. Oggi, all’epoca delle campagne elettorali di Giorgia Meloni e Ursula Von der Leyen ha bisogno di nascondersi, con una coperta di ipocrisia che si fa sempre più corta, sulla pelle delle persone che cercano di cambiare la propria sorte migrando.

Foto: cartina appesa nella sala d’attesa del Naga dopo anni di consultazione da parte delle persone che la frequentano

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