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Ennesima strage – il nostro pensiero per le vittime

Di lui non conosciamo né l’età, né il nome, né il paese di origine: non ha più nulla, non è più nulla, ne rimangono solo carne e ossa.

Morto in un ospedale in terra straniera, è solo l’ultimo, e neppure sappiamo come chiamarlo.

Prima di lui, circa cinquanta persone imbarcate insieme a lui e perdute nel mare.

Prima di loro altre centinaia, migliaia, decine di migliaia di corpi trascinati via dalle onde, piagati dalle ustioni, sconvolti dalle convulsioni per aver bevuto l’acqua salata, senza dimenticare quelli abbandonati nel deserto, vinti dal gelo in Anatolia, nei Balcani o in Bielorussia, torturati e fatti a pezzi nei lager libici, o infine affamati, drogati e abbandonati sul cemento lurido nei nostri civilissimi CPR: uno dei più giganteschi, insensati, crudeli sacrifici umani che la storia ricordi, offerto sull’altare di quell’Unione Europea che ancora osa proclamarsi “civile”, e della sua presunta superiorità bianca.

A tutte e tutti loro pensiamo anche oggi, anche ora, mentre incontriamo le persone sfuggite (per ora) a questo massacro, parliamo con loro, stringiamo mani, diamo consigli, curiamo corpi ancora vivi e carichi di speranze e desideri: quelle speranze e quei desideri che condividiamo, che ci nutrono e ci danno la forza di continuare anche oggi, anche ora.

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