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A PORTE CHIUSE

LA VIOLENZA NEL CPR DI MACOMER, TRA PUNIZIONI E RAZZIALIZZAZIONE

COMUNICATO STAMPA

Un’area destinata al trattenimento di persone con problemi psichiatrici; un reparto di isolamento utilizzato per fini punitivi; persone con importanti problemi di salute; ripetuti episodi di percosse e intimidazioni a danno delle persone detenute, ad opera del personale del centro oltre che delle forze dell’ordine. Il tutto nel contesto di una struttura gestionale incentrata sulla violenza, la sopraffazione e la razzializzazione.

Queste le denunce arrivate al centralino SOS CPR dell’Associazione NAGA ODV di Milano alcuni mesi fa che hanno indotto quest’ultima e la rete Mai più Lager – No ai CPR a verificare quanto stesse accadendo nel CPR di Macomer. Ne è nata un’ispezione al seguito dell’on. Francesca Ghirra, il 23 marzo 2024, che ha scoperchiato gli orrori di uno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio più terribili ed isolati del Paese, confermando la fondatezza delle denunce, attraverso le testimonianze dirette delle persone trattenute, e nonostante l’ostruzionismo di fatto dell’ente gestore del centro (la cooperativa sociale Ekene, che si è recentemente aggiudicata la gestione del CPR di Milano) e delle istituzioni coinvolte.  

Oggi il report che raccoglie quell’esperienza, a firma NAGA ODV e rete Mai più Lager – No ai CPR, è stato presentato in una conferenza stampa alla Camera dei Deputati alla presenza dell’on. Ghirra, Alla conferenza stampa era presente anche la persona le cui denunce hanno fatto sorgere l’esigenza di andare a verificare dal vivo quanto stava accadendo che dichara “Ho deciso di partecipare a questa conferenza stampa per spiegare come si vive là dentro e far capire che il CPR di Macomer deve essere chiuso”.

«Sarà ovviamente la magistratura ad accertare eventuali responsabilità di chi a ogni livello, inclusi quelli apicali, o non ha vigilato o ha vigilato ma consentito l’instaurarsi e l’incancrenirsi di questa situazione – osservano dal Naga e dalla Rete Mai più Lager – No ai CPR – ma quel che ne emerge è un aspetto inquietante e ancora poco analizzato della vita all’interno dei CPR: come nel fenomeno del caporalato, persone razzializzate e sottopagate possono diventare agenti di sofferenza per persone ulteriormente razzializzate e recluse in una detenzione dura, incomprensibile e patogena; una situazione di deriva sociale che, oltre all’intervento della magistratura per le specifiche denunce, meriterebbe un’attenta riflessione sociale, antropologica e, naturalmente, politica».

«Quanto invece ai pestaggi ad opera delle forze di polizia (che costituiscono la gran parte e le più atroci delle violenze riferite nelle testimonianza in apertura), essi non costituiscono purtroppo una novità, ma vanno anzi ad aggiungersi al terrificante quadro di violenza normalizzata che – nessuno può più ignorarlo – assieme alla notoria somministrazione ‘disinvolta’ ed indiscriminata di farmaci sedativi, costituisce lo strumento primario di gestione di questi luoghi»  concludono le attiviste e gli attivisti del Naga e dalla Rete Mai più Lager – No ai CPR.

Le conseguenze, confermate da questa ulteriore esperienza, sono tanto facili a trarsi, quanto ormai da troppo tempo ignorate: i CPR sono luoghi strutturalmente causa di sofferenza e violazione dei diritti, e devono essere chiusi con la massima urgenza: ce lo impongono le oltre 40 morti registrate in questi luoghi negli anni e le violenze che quotidianamente si verificano in tutti i CPR e le strutture analoghe. 

Alla luce di tutto ciò esprimiamo, oggi più che mai, tutta la nostra preoccupazione e la nostra condanna per l’avvio delle deportazioni in Albania dove la situazione, ancora più nascosta, non potrà che essere ancora peggiore. 

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