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I luoghi e le persone – Punto di ritrovo

In questo luogo manca pressoché tutto ma la bici no, è un mezzo fondamentale per riuscire ad acquisire un po’ di autonomia e per scappare più velocemente…

Giornata di pioggia, entro dalla fessura della griglia di ferro mezza aperta.
Mi aspetto di trovare un po’ di persone e infatti ci sono.
Tutte sedute in semicerchio a guardare la televisione che, incredibilmente, è accesa al centro dello spazio che non può vantare né luce né elettricità, ma come sappiamo la creatività non ha limiti… Le notizie si susseguono, le facce degli ascoltatori sono attente, preoccupate.
Mentre mi avvicino al gruppo, già dalla prima “stanza” facendomi largo tra materassi con sacchi a pelo rigonfi, segno di persone raggomitolate o stese al loro interno, sento che si sta svolgendo una discussione animata. In particolare una voce si alza indignata sulle altre, ripetendo in maniera concitata la parola “democrazia” e chiedendo agli altri, senza aspettarsi alcuna risposta, dove fosse finita questa tanto decantata e idealizzata democrazia.
Entro nella seconda “stanza”, saluto il gruppo a malapena illuminato da una o due lampade che in un ambiente così grande fanno in realtà poca luce. Anche qui, lungo la parete materassi e sacchi a pelo animati qui e là. Un frigorifero senza porta funge da armadio delle provviste. Un tavolino e delle sedie, vecchie poltrone, dei fornelli, pochi, lungo la parete.
Il gruppo sembra non accorgersi della mia presenza, passo quasi inosservata.
Mi avvicino e ripeto il mio saluto. Alcuni sanno già chi sono e mi salutano distrattamente.
L’indignato mi apostrofa in modo aggressivo e arrabbiato. Per lui noi italiani siamo tutti uguali, perché fare differenze? Siamo tutti razzisti, abbiamo votato “Saldini” e lui caricherà tutti su delle navi e li riporterà in Africa. Ho un bel da fare a cercare di convincerlo che non siamo tutti leghisti in questo paese e che Salvini (“guarda che si chiama Salvini”, gli dico precisa) non lo amo neanche io e parlo del Naga. Inutile, troppe associazioni, Naga compreso, parlano parlano, ma non riescono ad aiutarli. Lui è qui da pochi anni, ma l’italiano lo parla benino, quanto meno riesce a farsi capire. La sua rabbia si esprime benissimo. Un suo amico si apre di più. È qui da tre anni e mezzo. A Catanzaro ha fatto domanda di asilo, dopo il no della commissione territoriale ha fatto ricorso e poi appello. Nulla, un no dietro l’altro.
Ora è senza documenti sul territorio italiano. Che fare? Rientrare dai suoi figli che vivono in Tanzania, ma come? Vicino a lui un altro. Lui ha avuto la protezione umanitaria, ma non trovando lavoro, vaga di strada in strada in cerca di qualcuno con cui passare la giornata al caldo.
Dorme al mezzanino della Stazione centrale. E con lui molti altri. Vengono qui a vedere un po’ di televisione e a prepararsi qualcosa di caldo. Questo è il loro punto di ritrovo, mentre la maggioranza degli abitanti del posto di giorno se ne va. Si danno il cambio.

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