Notizie ,

I dati – Luglio 2019

Vite precarie

Il Centro Naga Har è un luogo di accoglienza del Naga dedicato a richiedenti asilo, rifugiati e vittime di tortura. Da quasi vent’anni offre uno spazio di socialità e supporta le persone nella procedura di riconoscimento di una forma di protezione internazionale. Qui si raccoglie la storia personale utile all’audizione con la commissione territoriale per la richiesta di una protezione e di un permesso di soggiorno. Al Naga Har si possono seguire corsi di lingua italiana o giocare nella squadra di calcio. Sono circa 1.500 i cittadini stranieri che in media ogni anno vengono al Naga Har. Gli ospiti del centro ci raccontano la loro storia, ciò ci permette di raccogliere i dati più salienti per analizzarli. In questo numero riprendiamo l’analisi presentata lo scorso anno e approfondiamo i dati degli utenti arrivati al Naga Har dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019. Le persone che si sono fatte intervistare sono 1.321 su 1.400 accolte al Naga Har durante questo periodo.

Anno di arrivo in Italia

La maggior parte degli utenti che si è rivolta al Naga Har durante gli ultimi 18 mesi ha dichiarato di essere arrivata in Italia in anni recenti. In particolar modo si è registrato un alto numero di arrivi in Italia negli anni 2016, 2017 e 2018 rispettivamente di 276, 228 e 194 persone, tante rispetto alle 150 arrivate nel 2015 e alle 99 del 2014. Come se gli accordi Italia – Libia presi dell’ex Ministro degli Interni Minniti avessero prodotto effetti contrari ai loro fini, almeno nel microcosmo del Centro Naga Har. Sono invece molto poche le persone di lunga permanenza, circa 156, arrivate in Italia dagli anni novanta al 2013. Su 1.321 utenti 159 non hanno rilasciato un’intervista in merito.

Il paese di provenienza

Grafico 1 – Aree di provenienza

La maggior parte degli utenti del Naga Har proviene dall’Africa Occidentale: il 48,8%, quasi la metà degli utenti totali, di cui 165 dalla Nigeria, 102 dal Gambia, 84 dal Senegal e 77 dal Mali. Il 18,5% proviene dall’America Centro – Meridionale, la maggior parte, 175 persone da El Salvador, paese del mondo con il più alto tasso di omicidi, in balia delle gang di strada, della corruzione, sommerso dal caos politico e dalla repressione della polizia.

Dall’Asia Centro Meridionale quasi il 12%, per la maggior parte provenienti dal Pakistan e dal Bangladesh con rispettivamente 76 e 55 persone. Le persone provenienti dal Nord Africa, pari al 6,7%, fuggono dall’Egitto (36) e dal Marocco (17). Dall’Europa provengono 40 persone di cui 25 dall’Ucraina, pari al 3% del totale. I restanti provengono dall’Africa Orientale (2,6%), dall’Asia Occidentale (1,4%), dall’Asia Orientale (0,8%) e dall’Africa Centro Meridionale (0,3%). Poco più del 6% non ha dichiarato da dove proviene.

Lo status giuridico

Grafico 2 – Status giuridico

La maggior parte delle persone intervistate tra il 2018 e il 2019, pari a circa il 42%, è richiedente protezione internazionale o umanitaria. Persone in fuga dal loro paese. Oltre il 13% al momento dell’intervista non aveva ancora attivato nessuna procedura di richiesta di protezione. Le persone in possesso di protezione umanitaria sono l’11%, permesso della durata di due anni oggi abolito per gli effetti del Decreto Sicurezza, DL 113/2018 convertito in legge a fine 2018.

Se consideriamo le persone che hanno ricevuto un diniego alla loro richiesta di protezione e le persone che hanno presentato un ricorso contro questa decisione negativa la percentuale supera il 21% degli intervistati. Le persone in questa condizione sono aumentate di 7 punti percentuale rispetto alla nostra precedente analisi, considerando anche che questa analizzava un campione molto più ampio (Fuorivista, Newsletter 1/07/2018). Possiamo ipotizzare che tale aumento sia uno degli effetti del già citato Decreto Sicurezza del 2018 che ha reso la normativa in merito ai requisiti di richiesta di una protezione molto più restrittiva. Al momento dell’intervista su 1.321 persone solo 43 e 47 avevano già ottenuto rispettivamente la protezione sussidiaria e internazionale. In ultimo 55 persone non hanno dichiarato il proprio status.

Rifugiati e richiedenti asilo e abitazione

Grafico 3 – I luoghi dell’abitare

Il problema della ricerca di un alloggio è determinato spesso da variabili che dipendono dal reddito. Circa il 13% degli utenti del Naga Har ha dichiarato di vivere in un alloggio in affitto. La stessa percentuale infatti (13,2%) ha dichiarato di possedere un lavoro stabile.

La maggior parte, pari a oltre il 30%, vive ospitato da amici e parenti. Solo il 21% vive in una struttura formale di accoglienza, nei CAS e nel sistema SPRAR (oggi SIPROIMI) e poco più del 9% è accolto in dormitori che per la maggior parte sono attivi solo nel periodo invernale per l’emergenza freddo. Infine gli ultimi: oltre l’11% non possiede un’abitazione ed è costretto a vivere in strada in alloggi di fortuna, luoghi che solitamente vi raccontiamo attraverso la nostra newsletter.

Rifugiati e richiedenti asilo e lavoro

Grafico 4 – Occupazione in Italia

La maggior parte degli utenti, circa il 56% è disoccupato e circa il 13% ha un lavoro saltuario. Queste persone non possono contare su un reddito stabile e su un contratto di lavoro e sono esclusi dall’accesso ad altri diritti fondamentali. Una bassa percentuale, pari a 1,6% ha dichiarato di essere studente, segno della difficoltà ad accedere anche a percorsi formali di istruzione e formazione professionale.

Grafico 5 – Occupazione nel paese di origine

Se guardiamo all’occupazione nel paese di origine, emerge chiaramente una fotografia opposta rispetto a quella attuale. Il 63% degli intervistati ha dichiarato di essere stato occupato stabilmente nel proprio paese, il 4% si è dichiarato disoccupato, l’11% era impegnato in attività di studio e solo l’1% occupato in lavori saltuari.
Inoltre, oltre un terzo del campione, pari a 486 persone, era occupato nel paese di origine in un lavoro stabile e si trova ora a essere senza occupazione. Emerge quindi la difficoltà di reperimento del lavoro che prescinde dalla volontà personale, ma è causa di variabili esterne.

Questa fotografia rispecchia l’attuale assenza di infrastrutture logistiche e politiche del nostro sistema di accoglienza e protezione. Anche a Milano, “città dell’accoglienza”, mancano politiche per l’integrazione abitativa, per il lavoro e la formazione.
Alla precarietà dello status si somma la precarietà delle condizioni di vita.

Sostieni il Naga, adesso.

Il tuo sostegno, la nostra indipendenza.