IMMAGINE: Paul Klee, Highway and byways
La revoca dell’accoglienza è un provvedimento con il quale il richiedente asilo ospitato in un centro di prima accoglienza, o in un centro di accoglienza straordinaria, perde il diritto ad alloggiare presso qualsiasi struttura dello stesso genere. Viene effettuato nei casi previsti dall’articolo 23 del D.Lgs 142/2015 che, tra gli altri comportamenti passibili di revoca, comprende, alla lettera a del comma 1, l’allontanamento dal centro “senza preventiva motivata comunicazione alla prefettura”. Una norma di legge che la Prefettura di Milano applica con un rigore palesemente irragionevole, sia nel significato corrente del termine in lingua italiana che nella sua accezione tecnico giuridica.
Irragionevole, come più volte stabilito dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, è la privazione di un diritto fondamentale della persona nel caso in cui questa privazione non sia giustificata dall’eccessiva compressione di un altro diritto di rilevanza costituzionale. E, come stabilito dalla sentenza n° 199 del 1989, “il diritto a una abitazione dignitosa rientra, innegabilmente, fra i diritti fondamentali della persona”. Quelli tutelati dall’articolo 2 della Carta.
Irragionevole, dicevamo, anche per chi utilizza il termine nel suo senso comune. Gli basterebbe porsi una semplice domanda: quale diritto di rilevanza costituzionale viene inficiato dalla mancanza, per una sola notte, nel foglio presenze di un CAS (Centro di Accoglienza Straodinaria) della firma di due ragazze molto giovani? Oppure, anche: l’assenza per una notte può configurarsi come abbandono del centro?
Si tratta di quanto accaduto alle due ragazze in questione presentatesi, pochi giorni fa, allo sportello legale del Naga con in mano il provvedimento che avrebbe provocato, il giorno successivo, il loro allontanamento dal centro dove abitavano. Due nuove senza fissa dimora che si aggiungono alle 465 persone che, nel periodo che intercorre tra il 1 gennaio 2018 e il 30 agosto 2019, erano state allontanate dai centri gestiti dalla Prefettura di Milano ai sensi della stessa norma, l’articolo 23 comma 1 lettera a del D.Lgs. 142/2015.
In questa occasione, il decreto è stato emesso, per la prima volta, in seguito all’allontanamento per una sola notte. In precedenza, la prassi prevedeva che accadesse dopo tre assenze verificatesi nel corso di un mese. Interpretazione più moderata ma, a nostro parere, altrettanto irragionevole e, ci permettiamo di aggiungere, violenta nei confronti delle persone che ne subiscono gli effetti.