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I luoghi e le Persone – Il virus delle verità

Il sacchetto del pranzo. Per evitare assembramenti in sala mensa. E la sera, se va bene, si dorme stipati nella stanza di un dormitorio.

Che dire di questi tempi sempre più bui, con la paura che serpeggia tra le persone di ogni tipo e colore, con gli occhi che si perdono nel vuoto delle strade di una Milano irriconoscibile. Persino i nostri invisibili, sono ancora più nascosti. Se prima lo facevano per ragioni di sicurezza e per paura di essere presi ed espulsi, magari mandati in un CPR in modo da sparire prima possibile dalla circolazione – a questo proposito a breve Milano festeggerà l’apertura del suo CPR – perché senza documenti o con documenti ormai scaduti o, seppur con documenti validi, semplicemente per disturbo del decoro pubblico, ora si nascondono come topi per questioni di salute pubblica. Nessuno dovrebbe, di questi tempi, dormire per strada, eppure purtroppo non è così. Arriviamo alla situazione paradossale del nostro amico A. che è riuscito questo inverno a trovare un posto in un dormitorio per l’emergenza freddo e che tutte le mattine come d’abitudine, perché così vogliono le regole, esce dal dormitorio di buon’ora. Aspetta la consegna del pranzo alle 12.30/13.00, un sacchetto con il cibo per evitare assembramenti all’interno della mensa, cibo che poi mangerà fuori per strada, e così fino alle 20 per la cena e poi il rientro definitivo per la notte in camerata.

“Perché esci fuori anche adesso, non puoi restare dentro?” gli chiedo. “Non lo so”, mi risponde, “non mi hanno detto nulla, né se posso restare dentro, né se devo uscire e quindi esco come ho sempre fatto”. “Ma lo sai che la situazione è pericolosa, che devi stare attento, non avvicinarti ai tuoi amici, non dar loro la mano ecc. ecc.?”, “Dio ci aiuta, non siamo soli!” risponde con una buona dose di fatalità.

Di fatto la paura di essere fermati per strada è tanta anche tra i più fatalisti, ma sembra non esserci soluzione. Dopo il racconto di chi sembra essere costretto, per sua ignoranza e di chi non dà le informazioni necessarie, a uscire dal dormitorio e passare la giornata fuori (“TUTTI A CASA!”), ecco un residente in un Cas, che deve andare a fare una visita medica, a cui nessuno spiega che uscire è possibile con un’autocertificazione che dichiari dove sta andando. Meglio far saltare l’appuntamento con il medico, perché uscire non si può di questi tempi. Proprio in giorni in cui il diritto alla salute domina giustamente le pagine di tutti i quotidiani, continua a non essere un diritto per tutti.

Che l’accoglienza fosse ormai allo sbando lo sapevamo, che arrivasse un virus sconosciuto per mettere in luce in modo crudele tutte le lacune di questo sistema non ce lo saremmo mai aspettato. Manca una direttiva, un’organizzazione. I centri sono lasciati soli, al buon senso dei coordinatori degli enti gestori (leggi “l’Intervista”). Non sembra esserci una regia. Un’uniformità di metodi e regole da tenere in questi tempi di epidemia. Non vorremmo aspettare passivi che scoppi una bomba…

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