Fotografia di Santi Palacios, Melilla
Questo numero della newsletter esce purtroppo in concomitanza con l’apertura del CPR di Milano. Il 28 settembre è stato infatti ufficialmente aperto il Centro di permanenza per il rimpatrio. Coloro che per vari motivi hanno ricevuto un decreto di espulsione verranno rinchiusi nella struttura situata in via Corelli, nata come Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e dopo anni di lotte sfociate nella loro abolizione, divenuta un Centro di accoglienza straordinaria, ora ritornata alle sue funzioni originarie. Inutile dire che la criminalizzazione e l’isolamento di queste persone non può trovarci d’accordo e con noi gran parte della società civile di Milano. La reclusione di chi non ha commesso alcun reato se non quello di non essere riuscito a ottenere alcun documento valido per la sua permanenza sul suolo italiano ci sembra una gravissima lesione dei più elementari diritti della persona.
Assistiamo di giorno in giorno a un’implacabile erosione dei diritti basilari, pilastri di una civile convivenza, come sottolinea in modo molto chiaro Nicoletta Dentico nella videointervista che pubblichiamo in questo numero di Fuorivista. Il tessuto sociale delle nostre città sta andando in briciole, sono molti i sommersi e pochi i salvati, e l’apertura del CPR non è che una delle tante punte dell’iceberg di una pandemia che va a colpire soprattutto i più fragili.
Le vittime per il Covid-19 e il sovraffollamento degli ospedali hanno seminato il panico tra la popolazione e la crisi economica in cui già versava il nostro paese ha avuto un ulteriore peggioramento. Facile dunque che, in una situazione di crisi sanitaria ed economica, le fasce più deboli della popolazione, le persone più vulnerabili, isolate ed emarginate, siano quelle che pagano il prezzo più alto. La precarizzazione del lavoro ha subito in questi mesi un’accelerazione e la solidarietà che è il tessuto connettivo della nostra società sta piano piano perdendo spinta e vitalità sotto i colpi della crisi e della pandemia. Serve, per citare la Dentico, continuare a «giocare la partita della prossimità alle persone e giocare una partita della salute che non è medicalizzazione esasperata, ma è vicinanza, attenzione, cura dell’altro. Occorre riconoscere l’altro come persona portatrice di diritti, come persona titolare di una dignità umana che deve essere portata alla luce, perché nel momento in cui non è riconosciuta quella dignità umanità faccio un gioco che limita e affonda anche la mia personale dignità umana».