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I Luoghi e le Persone – Solo un fatto di contabilità. Nient’altro.


Chiamiamola comunque casa, in mancanza di meglio.


Solo un fatto di contabilità. Nient’altro.

Sette lunghi anni o forse qualcuno in più. Mi sfugge il conto preciso. Ma ormai per tutti noi e soprattutto per il quartiere intorno, via Esterle è diventata un’istituzione. Un luogo simbolo delle occupazioni in autogestione. Quanti ragazzi – sono quasi tutti maschi – che abbiamo conosciuto nel nostro centro del Naga Har vivono o hanno vissuto lì. L’impossibilità a trovare una sistemazione autonoma li ha portati da quelle parti. La stragrande maggioranza di loro lavora, guadagna. Molti sono i cosiddetti nuovi schiavi. I rider che a cavallo delle loro biciclette, guidando in modo spesso spericolato e rischiando ogni giorno la vita nel traffico milanese, portano cibo o altro nelle case dei milanesi. Te ne accorgi quando entri nella loro “casa” dove trovi accatastati tanti zaini con i loghi dei vari delivery. Chi di loro può trovare un monolocale con un lavoro precario? Quale agenzia immobiliare riesce ad affittargli qualcosa? Complice il razzismo strisciante e la paura di non essere pagati, i proprietari di case certo non vogliono rischiare. Quindi il risultato è che di case, anche solo di stanze, per loro non ce n’è. Purtroppo non esiste neppure più una politica che preveda affitti calmierati, abitazioni popolari sufficienti per tutti. Che preveda banalmente che a Milano possano vivere anche persone così. Una città che non sia solo “da bere”, come si diceva negli anni Ottanta, ma che sia realmente di tutti, inclusiva e solidale. Che dia la possibilità di vivere dignitosamente a tutti, più o meno fortunati.

Ed ecco quindi che questo luogo simbolo di una autogestione intelligente, dove una quarantina di persone convive civilmente ormai da anni, avendo realizzato una collettività, partecipe e attenta alle necessità di tutti, con delle regole da rispettare e un’assemblea a cui partecipare settimanale, perché i problemi di uno sono problemi di tutti, deve essere sgomberato. Lo spazio del Comune di Milano è stato messo a bando e la comunità islamica lo ha vinto. Qui dopo una ristrutturazione verrà realizzata una moschea.

Buona notizia per la comunità islamica, di cui molti ospiti dell’occupazione fanno parte. Ma ciò che colpisce è l’incapacità da parte del Comune di gestire l’operazione.

Nessuna soluzione abitativa per chi viene sgomberato da lì, nessuna proposta, nessuna strategia. Nessuna fantasia. Solo contabilità e attenzione agli incassi. Questa è diventata la politica.

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