Foto: Tanay Kibe, Flickr (Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0)
Fare Memoria è Accogliere
Il Mediterraneo si trova al centro di una profonda contraddizione. Questo vasto corpo d’acqua, che potrebbe simboleggiare unione e dialogo tra due continenti, è diventato invece uno spartiacque, un confine liquido che separa, esclude e, troppo spesso, divora vite.
In questa ‘continua emergenza’ che ogni giorno si fa tragedia, la memoria gioca un ruolo cruciale. È testimonianza di ciò che stiamo vivendo, un monito che ci interpella direttamente. Ricordare significa non solo non dimenticare le tragedie, come l’anniversario della strage di Cutro, ma anche riconoscere la nostra responsabilità collettiva nell’accoglienza e nel sostegno a chi fugge da guerra, povertà e persecuzioni.
Nell’intervista di questo numero, Emilia e i ricercatori di ‘Crocevia Mediterraneo’ ci hanno ricordato l’intuizione di Walter Benjamin, quando scrisse “Come ogni generazione che ci ha preceduto ci è stata data in dote una forza messianica su cui il passato ha un diritto”.
Il diritto del passato è un appello a non ripetere gli errori, a non chiudere gli occhi di fronte all’ingiustizia e alla sofferenza. Luogo di contraddizione è l’idea stessa di confine, dove si manifestano le politiche migratorie europee, troppo spesso improntate a una logica repressiva, che privilegia la non accoglienza e l’esclusione. Un’ottica che ha fallito nel garantire sicurezza e stabilità, ignorando dignità e diritti fondamentali dell’essere umano.
L’accoglienza non è solo dovere morale e istinto di umanità, ma una scelta strategica che riconosce nella persona che migra un potenziale alleato, un membro della nostra comunità globale con cui condividere un percorso di crescita. Il Mediterraneo può non essere un luogo di morte e disperazione, se solo superiamo la logica della separazione per abbracciare quella dell’incontro.