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Intervista – Fabrizio Coresi

Fabrizio Coresi
Migration Expert per ActionAid

MA L’ACCOGLIENZA – Video intervista a Fabrizio Coresi

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Davide Fracasso: Ciao a tutte e tutti, Benvenuti a questa nuova intervista di Fuorivista, la newsletter del Naga. Oggi abbiamo graditissimo ospite Fabrizio Coresi di ActionAid. che sarà presente anche all’evento del Naga sull’Accoglienza del 29 marzo, evento a cui ovviamente siete tutte e tutti invitati. Passo subito la parola a Fabrizio per una veloce presentazione e poi iniziamo con la chiacchierata.

Fabrizio Coresi: Salve a tutti e tutti, grazie dell’invito. Sono Fabrizio Coresi, Migration Expert per ActionAid. Il lavoro di cui parleremo oggi è un lavoro in partenariato con l’organizzazione Openpolis.

DF: Per entrare subito nel cuore della conversazione di oggi, ci vuoi spiegare un attimo come nasce questo progetto, tra l’altro nuovissimo? Qual è poi l’obiettivo di questa piattaforma che adesso ci presenti?

FC: Certo, in realtà il progetto non è nuovissimo, nel senso che ormai è dal 2018 che ActionAid e Openpolis lavorano per realizzare un monitoraggio del sistema di accoglienza che sia capace di sopperire a quella che è una cronica mancanza di trasparenza del sistema. La struttura informativa della piattaforma “Centri d’Italia” che oggi abbiamo è il risultato di uno sforzo di ricerca, di sistematizzazione dati e di analisi. E anche di azioni legali, perché solamente grazie alla vittoria al TAR del 2020 e al Consiglio di Stato nel 2022, siamo riusciti a colmare un vuoto informativo con dei dati imprescindibili che sono però purtroppo resi disponibili solamente sporadicamente in forma aggregata dal Ministero dell’Interno.

Al di là di una complessità di un lavoro di monitoraggio indipendente a fronte di una scarsissima trasparenza, quello che destava e desta maggiore preoccupazione in noi è il poco interesse dimostrato dalla politica e dalla Pubblica Amministrazione nei confronti di queste informazioni che noi riteniamo fondamentali. Chiaramente il nostro è un approccio serio alla questione dell’accoglienza: qualsiasi politica pubblica prevedrebbe delle riforme che si pongono degli obiettivi misurabili e successivi aggiustamenti basati proprio sull’analisi dei dati e dei risultati.

Al contrario, è da anni e ancora più dal 2023 che si procede a continue modifiche del sistema, di solito per Decreto Legge, senza che ci siano evidenze che giustificano politiche più lungimiranti. Siamo purtroppo di fronte a politiche ideologiche e strumentali. D’altra parte sono gli stessi decisori che non hanno le informazioni necessarie, e questo lo vediamo anche semplicemente riferendoci alla relazione annuale che dovrebbe esserci sul sistema di accoglienza, che la legge prevede che ci sia al 30 giugno di ogni anno. La scadenza è invece costantemente disattesa, e pensate che l’ultima relazione annuale sul sistema di accoglienza è del 2022 e ci parla del sistema di accoglienza 2021. Quindi la nostra piattaforma, praticamente nostro malgrado, non solo anticipa il Viminale, ma nei fatti è la sola fonte di dati coerenti sul sistema di accoglienza e prevede ormai, come dicevo, una serie storica dal 2018 al 2023.

DF: Qual è l’obiettivo che vi siete posti? Cosa vorreste poi che questa piattaforma aiutasse a raggiungere?

FC: Il progetto nasce oltre sei anni fa dalla constatazione che nonostante la questione migratoria fosse al centro del dibattito politico, questo dibattito in realtà soffriva di una grave carenza di dati. E questa assenza di trasparenza alimentava leggende metropolitane, come quella famosa che ricorderemo dei 35 euro a persona nell’accoglienza. Per questo, fin dal principio, lo sforzo è stato proprio rivolto a ottenere informazioni che non venivano rilasciate spontaneamente dalla Pubblica Amministrazione, o almeno non in tempi ragionevoli come abbiamo detto, o non con un dettaglio utile e con un formato aperto. L’idea era appunto di metterle a disposizione di chiunque, a iniziare proprio dai parlamentari, di fatto privi di strumenti per esercitare il proprio ruolo di controllo e indirizzo politico.

Dal tempo in cui abbiamo iniziato (2018), la nostra metodologia si è evoluta: inizialmente abbiamo fatto ricorso quasi esclusivamente a dati forniti dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), quindi alla Banca Dati dei Contratti Pubblici, e negli anni successivi siamo riusciti a ottenere dati sul sistema di accoglienza che hanno permesso la creazione vera e propria della piattaforma. Purtroppo però, nonostante i tribunali abbiano riconosciuto più volte il nostro diritto ad accedere a questi dati, siamo stati costretti proprio recentemente a fare – attualmente in essere – un ricorso al TAR per vincere le resistenze continue del Ministero dell’Interno che continua a fare ostruzionismo nel rilascio di dati. O ancora peggio, dice di non esserne in possesso, di non rilevare quello che noi chiediamo a livello centrale, rimandando alle singole 107 prefetture. Evidenzia quindi una grave carenza, una grave mancanza perché la responsabilità di vigilare e garantire il diritto a un’accoglienza dignitosa e a uno standard uniforme sul territorio è comunque del Ministero dell’Interno. Senza contare che milioni sono stati spesi in questi anni per sistemi informativi che avrebbero dovuto registrare e gestire l’accoglienza, e che evidentemente non sono mai entrati pienamente in regime. E senza contare che sulla registrazione e sulla trasmissione dei dati ci sono non solamente degli obblighi di legge, ma anche questioni relative all’assegnazione degli appalti. Infatti, gli enti gestori dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinari) sono valutati anche in base alla loro capacità di registrazione e trasmissione dati alle Prefetture prima e al Ministero poi, e quindi è un loro specifico dovere previsto da contratto.

DF: Complimenti intanto per il vostro lavoro, visto il deserto anche a livello di opinione pubblica verso questo tema, o la poca sensibilità che si può riscontrare. E anzi, direi che politicamente è un ottimo modo di provare ad andare controcorrente. Poi vedremo anche insieme a te il 29 marzo, quando parleremo di mala accoglienza anche a partire da qualche dato della vostra piattaforma. Andando per un momento oltre la piattaforma, da quello che è ormai il vostro osservatorio privilegiato sull’accoglienza su tutto il territorio, cosa ci potete dire oggi di quella che è l’accoglienza? Qual è la situazione oggi sul territorio italiano?

FC: Allora, quello che noi abbiamo cercato di fare quest’anno, oltre a registrare la condizione del sistema, è stato proprio di valutare l’impatto di quella che abbiamo definito essere una iper produzione normativa del Governo. Ci sono stati tantissimi cambiamenti normativi con piccoli cambiamenti per decreti, come dicevo, ma il filo rosso di quest’azione

è stata la legalizzazione di prassi al limite della legittimità. Erano già esistenti in passato come eccezioni, ora sono diventate la regola alla quale diventa sempre più difficile opporsi. Nel 2023 infatti, l’assetto dell’accoglienza è stato nuovamente cambiato: i richiedenti asilo, come sappiamo, sono nuovamente esclusi a eccezione delle persone con vulnerabilità, dal sistema pubblico in capo ai Comuni che conoscevamo come SPRAR e che oggi, dopo vari cambiamenti di nomi, si chiama SAI (Strutture di Accoglienza e Integrazione). I CAS vengono parallelamente privati di servizi fondamentali e se non si trova posto né qui né nei grandi centri governativi possono essere aperte delle strutture temporanee. Sono centri in cui non è previsto alcun tipo di accompagnamento ma solo un tetto e beni di prima necessità. Se poi anche questi non bastano, possono essere raddoppiati i posti in CAS già attivi.

Ai minori non va meglio purtroppo, infatti abbiamo registrato una crescita esponenziale di CAS minori. Tanto per darci dei numeri, sono 77 i bandi per CAS minori nel 2023, 48 nei primi otto mesi del 2024, e per darci un parametro erano solo 16 nel 2022.

Sono sempre meno gli inserimenti dei minori non accompagnati nel SAI, nonostante registriamo una porzione costante di posti liberi all’interno di quella parte del sistema che è a loro dedicato. Nel 2023 non sono utilizzati in media 127 posti al mese nel SAI minori, nel 2024 addirittura 144 tra gennaio e agosto. Nonostante questo, gli inserimenti diminuiscono ancora e passano da 390 inserimenti di gennaio 2023 (il 19% del totale) a 215 di fine agosto 2024. Inoltre, la legge consente ora l’inserimento di minori ultra sedicenni all’interno di CAS adulti, cioè tutto il contrario della tutela del superiore interesse del minore. E nonostante le preoccupazioni espresse dal Garante dell’infanzia e dal Ministero del Lavoro davanti a norme che non tutelano il superiore interesse del minore, ma al contrario sembrano minarlo, non ci è stata data per nulla la possibilità di valutare l’impatto del Decreto 133 del 2023 che ha stabilito tutto questo. Oltre a quanto detto, infatti rispetto ai minori sappiamo solamente che a fine 2023 sono 1.773 i minori accolti in CAS minori e, per dare un’idea del cambio di direzione, nel 2020 erano solamente 48. E altri 740 minori sono inseriti invece in strutture per adulti. Quindi il quadro è fortemente critico e soprattutto fortemente oscuro. Riguardo le strutture temporanee, che possono essere appunto strutture promiscue che non prevedono alcun accompagnamento all’autonomia, il Ministero dice che non rileva a livello centrale la loro situazione. Di fatto, non possiamo a sapere come stanno le persone all’interno di questo sistema di accoglienza, possiamo intuirlo visto quello che ci siamo detti, ma non abbiamo dei dati a supportare le nostre ipotesi.

DF: Il tema dei minori è un tema assolutamente emergenziale, se non fosse che le emergenze poi ce le portiamo dietro per anni. Oltre a quello che ci hai detto, ci sono altri limiti evidenti che avete riscontrato in quello che è il sistema di accoglienza? Quali sono secondo voi i maggiori limiti dell’accoglienza oggi?

FC: Permettimi una premessa: la piattaforma “Centri d’Italia” nasce in un momento in cui era alta l’attenzione sul sistema di accoglienza, dopo Mafia Capitale e l’istituzione di una Commissione d’inchiesta parlamentare sull’accoglienza che cercava di gettare le prime luci sul sistema dei CAS. Esponenti del Governo e dell’apparato dello Stato – ho in mente il Sottosegretario agli Interni con Minniti, Domenico Manzione, e il Prefetto Morcone che allora era Capo Dipartimento Libertà civili del Ministro dell’Interno, che è quello che gestisce il sistema d’accoglienza – definivano nello stesso modo i CAS, ovvero una spina nel fianco. Ebbene questa spina nel fianco è oggi la reale ossatura dell’accoglienza, e si vede quindi il più grande limite, oltre all’assenza di trasparenza e di accountability per il sistema di accoglienza. Restano inascoltati gli allarmi di gestori ed esperti che parlano di uno svilimento del sistema di accoglienza e del diritto d’asilo, restano lettera morta le conclusioni della Commissione di inchiesta parlamentare, non vengono considerate le stesse conclusioni riportate dal Viminale nelle relazioni annuali al Parlamento. Questo dimostra l’uso politico della materia migratoria e la costante strumentalizzazione. Ci basta fare l’esempio della relazione dell’agosto 2018 relativa al sistema nel 2017, in cui si diceva che si sarebbe dovuta privilegiare l’accoglienza diffusa e limitare al massimo le grandi strutture che sarebbero state foriere di attrarre interessi criminali e che comunque non tutelavano i diritti delle persone accolte e delle comunità accoglienti. Ebbene, due mesi dopo il Decreto Sicurezza, il cui impianto è bene ricordare è ripreso e peggiorato dall’attuale governo con il cosiddetto Decreto Cutro che smantella l’accoglienza, va esattamente nella direzione opposta.

L’altra faccia della medaglia è chiaramente la gestione in una logica perenne dell’emergenza quando l’emergenza effettivamente non c’è: le persone accolte sono solamente lo 0,2 % della popolazione italiana. Quindi non c’è alcuna invasione e alcuna emergenza se non chiaramente quella delle politiche che definiscono gli status delle persone e che, in questo caso, sviliscono il diritto d’asilo e l’accompagnamento all’autonomia che dovrebbe garantire il sistema d’accoglienza.

Se pensiamo quindi ai grandi limiti, dobbiamo sicuramente menzionare l’assenza di programmazione. L’ultimo Piano nazionale dell’accoglienza è del 2016, non c’è programmazione e il caos amministrativo in cui versa il sistema è un’accoglienza ridotta a guardiania nel caso dei centri straordinari. Abbiamo chiaramente alcuni indicatori di questa assenza di programmazione: le proroghe, un fenomeno che ANAC definisce ammortizzatore pluriennale di inefficienze, le gare deserte, i bandi ripetuti e in modo particolare le assegnazioni dirette. Queste ultime infatti aumentano esponenzialmente: nel 2023 il 71% dei contratti in accoglienza viene assegnato direttamente, un dato che è allarmante ma che resta molto alto anche nel 2024 in cui raggiunge quasi il 40%. I dati ci fanno vedere che vengono prese delle soluzioni alla non-programmazione che tendono ad aggirare il diritto a un’accoglienza dignitosa, senza di fatto garantirlo e colpendo le persone migranti. Da un lato, si riempiono le grandi strutture fino a farle straripare. Dall’altro, si procede con prassi dubbie e in maniera indiscriminata con le revoche dell’accoglienza, cioè tutti quei casi in cui alle persone viene tolto il posto che era stato loro assegnato nei centri. Infatti a fine 2023, 105 grandi strutture per 13.000 posti registrano quasi 14.000 persone in eccesso. Se si esclude il CARA di Bari (che registra 650 persone oltre la capienza a fine 2023) e quello di Gradisca (che registra quasi 400 persone oltre la capienza a fine 2023), che sono chiaramente le situazioni più estreme e più critiche,  il contesto più problematico purtroppo è nella città di Milano. Qui, ci sono 10 grandi CAS che sono sovraffollati con oltre 420 persone in esubero.

Se poi guardiamo al fenomeno delle revoche, il sospetto è che al di là di casi singoli l’uso sia stato proprio volto a reperire posti che non si riuscivano a trovare per la mancata programmazione. Per esempio, nel 2023 il dato è spropositato ed enorme: circa 50.900 revoche dell’accoglienza. Nel 2022 sono state 30.500, e nei primi nove mesi del 2024 circa 27.600. Quindi nel 2023, ma anche nel 2024, è come se ci fosse stata un’indicazione di utilizzare questo istituto, la possibilità di togliere il posto, per reperire dei posti che non si riuscivano a trovare con le gare.

Un ultimo grande limite ha a che fare poi con il vizio originario del sistema pubblico: lo SPRAR o SAI mai è diventato effettivamente il sistema principale come avrebbe voluto la legge. Infatti nonostante l’Articolo 118 della Costituzione assegni le funzioni amministrative ai Comuni, e non si vede perché l’accoglienza non debba essere tra queste, la volontarietà dell’adesione al sistema insieme al mancato investimento nel sistema pubblico stesso sono le ragioni principali del sottodimensionamento. In questo momento, i dati ci dicono che il sottodimensionamento di cui abbiamo parlato insieme a una progressiva femminilizzazione del SAI potrebbe portare a un collasso vero e proprio, se non si interviene normativamente o se non si realizza di fatto un reale investimento con un allargamento del sistema. Il Decreto 133 consente infatti almeno l’inserimento delle donne richiedenti asilo in un’accoglienza dignitosa nei SAI, seppur con una misura paternalistica che considera tutte le donne come soggetti vulnerabili. I posti però sono pochi e i percorsi delle donne straniere – così come delle donne italiane, sappiamo in quale società viviamo – sono più lunghi e faticosi di quelli della componente maschile e necessitano di più tempo.

A questo è da aggiungere che non c’è un reale collegamento fra i due livelli che il Decreto cosiddetto Cutro stabilisce, ovvero tra il CAS e il SAI, il primo e il secondo livello dell’accoglienza: spesso ottenere una forma di riconoscimento di una Protezione Internazionale equivale purtroppo a rimanere privi di accoglienza. Anche limitandoci solamente agli ultimi due anni, e guardando e confrontando le segnalazioni che vengono fatte al servizio centrale e agli effettivi inserimenti che questo realizza, vediamo che rimangono fuori dall’accoglienza oltre 3.500 persone aventi diritto.

DF: Grazie Fabrizio. Mi sembra che già si capisca un po’ perché si parla di Mala accoglienza, e magari ci sarà occasione il 29 marzo alla Fabbrica del Vapore di rilanciare e di capire perché tutti i governi degli ultimi anni abbiano deciso di preservare le emergenze e di non investire invece sull’accoglienza e nel cercare di inserire le persone in un contesto almeno più umano e potenzialmente anche più di sviluppo. Un’ultimissima domanda al volo sulla piattaforma: a chi è rivolta e come si fa ad accedere? Se per esempio persone del Naga volessero un po’ curiosare…

FC: Allora, la piattaforma è aperta a tutte e tutti, dagli addetti ai lavori fino ai giornalisti che pure hanno saputo fortunatamente utilizzarla, fino ai decisori che quelle informazioni purtroppo non le hanno. C’è da dire che scontiamo un anno di distanza perché lavoriamo su dei dati consolidati, quindi abbiamo aggiornato la piattaforma al 2023 in concomitanza con l’uscita del nostro ultimo report. Si trovano tutti i dati relativi a tutti i centri di accoglienza, sia SAI che CAS che centri di prima accoglienza, dal 2018 al 2023. Si possono chiaramente filtrare per territorio: c’è un’interfaccia molto semplice da utilizzare, e per i più arditi c’è la possibilità di scaricare in formato aperto tutti i dati di cui disponiamo. Chiaramente questo è il nostro obiettivo: garantire un minimo di trasparenza e in prospettiva dismettere la piattaforma, nel senso che vorremmo che la stessa Pubblica Amministrazione si facesse carico della necessaria trasparenza e accountability. Quando parliamo, in un quadro ormai maturo, di negare dei dati che hanno a che vedere con la vita delle persone, parliamo di una violazione di un diritto fondamentale. E soprattutto questo mette l’azione della Pubblica Amministrazione in un’ottica di diffidenza. Ecco, vorremmo non averla questa diffidenza e vorremmo che la Pubblica Amministrazione avesse una faccia trasparente. Quantomeno che, nell’attesa della casa di vetro, ci facessero aprire le imposte.

DF: Grazie mille Fabrizio e ActionAid, ci vediamo il 29 marzo a Milano alla fabbrica del vapore. Un saluto dall’Osservatorio del Naga e dal gruppo Newsletter Fuorivista, ci vediamo presto.

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