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Il Naga si racconta – Medicina di Strada

Medicina di Strada

Medicina di Strada svolge attività socio-sanitaria andando ad incontrare cittadini stranieri, migranti, rom e sinti che vivono in condizioni di forte disagio in aree dismesse, campi irregolari, case occupate, punti di ritrovo nei pressi delle stazioni.  Il servizio è rivolto a persone che non hanno accesso al Servizio Sanitario Nazionale. La principale finalità è quella di garantire il diritto alla salute. Medicina di Strada effettua uscite sul territorio con un’unità mobile – camper attrezzato ad ambulatorio medico – e un equipaggio composto da uno o due medici e due o più persone in accoglienza.  Nel corso delle uscite vengono effettuate visite mediche a bassa soglia, ascoltati i bisogni e le richieste delle persone incontrate e, se possibile, si fa anche assistenza socio-legale e supporto di vario tipo (ad esempio fornendo indicazioni per i servizi dormitorio aperti).

Condividiamo un’uscita recente in Stazione Centrale che racconta con forza quasi fotografica la situazione drammatica di tante persone che attraversano Milano.

RESOCONTO USCITA

SCHEDE COMPILATE: 16
VISITE effettuate 16

C. (autista) e G. si sono trovate al Naga, hanno preparato tutto il necessario e verso le 21:15 sono arrivate in Stazione Centrale. S. è passata a prendere delle merendine dato che mancavano poi è arrivata in stazione insieme a M., F. e G.

La serata è cominciata immediatamente: un gruppo di ragazzi si è avvicinato al camper chiedendo se fosse possibile parlare con un medico. Un ragazzo non riusciva a camminare e stava molto male. Lo abbiamo raggiunto in un punto del piazzale poco lontano dal camper per capire la situazione. Dal gruppo di persone che lo circondava è spuntato un amico, probabilmente il compagno di viaggio, che ha preso il ragazzo in braccio e lo ha portato fino ad una sedia all’esterno del camper in attesa della visita medica. I due amici erano siriani ed erano arrivati in Italia da qualche giorno con il programma di ripartire il giorno dopo con un treno per la Germania. La situazione si è complicata perché con la visita medica (vedi report medico) è emerso che il ragazzo non era in buone condizioni e che avrebbe avuto bisogno di andare in pronto soccorso. I due compagni di viaggio non volevano separarsi, non avendo il telefono si sarebbero persi sicuramente e non volevano perdere l’occasione di ripartire il giorno dopo. Quindi è stato contattato il responsabile del centro di via San Marco (centro accoglienza per transitanti massimo 3 notti) chiedendo un posto in cui far dormire i due ragazzi, permettendogli poi di partire il giorno dopo. Dopo una lunga, ma frammentata comunicazione e grazie alla collaborazione con i ragazzi del Lambretta i due ragazzi transitanti, decisi a proseguire il loro viaggio nonostante le condizioni precarie di salute, sono stati accompagnati al Centro di via San Marco. Dal centro di via San Marco hanno fatto sapere che la mattina dopo i due ragazzi sono riusciti a raggiungere la stazione con il taxi e sono poi partiti per la Germania. È stato difficile decidere come agire in questa situazione complessa, ma le discussioni e gli scambi sono serviti per riuscire a gestirla al meglio, tutti insieme con lo stesso obiettivo…  speriamo di avere loro notizie o anche di rintracciarli in qualche modo, anche se sarà difficile.

Dopo questo doveroso rallentamento iniziale, le visite sono proseguite in modo regolare. Nel frattempo tanti ragazzi si sono avvicinati, creando un po’ di disordine e rendendo difficile gestire le cose al meglio. Al camper sono arrivati una coppia di ragazzi minorenni, di soli 16 e 17 anni, provenienti dall’Afghanistan, transitanti: erano arrivati il giorno prima in Italia e avevano pianificato di ripartire il giorno dopo per la Svizzera. Abbiamo contattato per loro Rete Milano trovandogli un posto in cui dormire, ma nel momento in cui avrebbero dovuto raggiungere il signore iraniano che li avrebbe ospitati, i due si sono spaventati e sono scappati (senza neanche fare la visita medica per cui si erano segnati): hanno detto di aver paura di finire in un “camp” e di essere bloccati dalla polizia. Abbiamo provato a convincerli, ma senza risultati. Li abbiamo rivisti alla fine della serata soli, nel piazzale, seguiti dalla polizia che li voleva allontanare.

Sono passati altri ragazzi minorenni non transitanti provenienti dal Marocco che cercavano un posto per dormire. Per tutta la serata un ragazzo del Marocco ha fatto da traduttore agli altri ragazzi, avrà visto una buona percentuale di tutte le visite mediche effettuate, era molto disponibile e diceva di voler diventare un volontario anche lui. Per fare da traduttore ha pure perso l’occasione di prendersi una giacca dai city angels. Tra i vari ragazzi incontrati c’erano un ragazzo con delle protesi ai piedi che ad un certo punto si è stufato di aspettare la visita medica quindi se n’è andato dicendo che tanto nessuno sarebbe mai riuscito ad aiutarlo; un ragazzo che ripeteva continuamente di avere una visita al San Raffaele e quindi di essere stato in ospedale con Berlusconi; un ragazzo minorenne afghano con gli occhi a mandorla che ha aspettato pacifico a piedi nudi il suo turno per farsi visitare le fiacche ai piedi; un ragazzo egiziano che ha raccontato a Saveria la sua storia e di aver lavorato come cartongessista.

Verso la fine sono arrivati dei giovanissimi ragazzi afghani con in mano redbull e wafer che ridendo hanno aspettato con calma che qualcuno di loro facesse la visita medica e nel frattempo cercavano di ripetere il nome di Gloria senza sbagliare. Qualche ritardatario è stato segnato sotto “triage” e gli è stato consegnato velocemente del paracetamolo.

Mentre i medici concludevano il loro lavoro, l’accoglienza si è trovata fuori dal camper ad ascoltare racconti delle volontarie storiche, chiacchierare e ridere per soffermarsi, ma anche sdrammatizzare su quella che è stata un’uscita molto intensa. Purtroppo nel frattempo, erano ormai le 00:30, una macchina della polizia percorreva tutto il piazzale facendo spostare i ragazzi chissà dove perché “qui non si può stare a dormire”.

Dal report delle mediche riportiamo 4 visite che riteniamo emblematiche.

M., 23 anni, Siria. Barriera linguistica totale.

Arrivato in Italia via mare da tre giorni, sbarcato in Sicilia e allontanato dalla regione. Diretto in Germania dove ha due fratelli. Accompagnato (in braccio) da un amico in viaggio con lui. Avvicinato al camper da alcune persone che hanno compreso le sue condizioni di salute precarie e che si sono preoccupate di prestare aiuto anche solo con la mediazione linguistica. Dopo il lungo viaggio in barca in cui è stato costretto a rimanere in posizione accovacciata e ha mostrato un netto peggioramento del quadro motorio agli arti inferiori già noto in esiti di trauma della strada. Lamentava inoltre dolore in regione sacrale. Negava di aver subito traumi o violenze fisiche. Alla visita è emersa la necessità di assistenza medica e infermieristica avanzata, ma non ha voluto interrompere il percorso migratorio iniziato, in cui stava investendo le sue energie residue e a cui si stava aggrappando per raggiungere i suoi famigliari e quindi un percorso di cura. Diceva di non volersi fermare in Italia, perché in Sicilia è stato allontanato (non capiamo cosa sia successo, non violenze fisiche).

A., 23 anni, Marocco.

Motivo della visita: contusione post aggressione con bottiglia di vetro. Alla visita non sono emerse ferite cutanee e l’esame neurologico come i parametri vitali erano normali. E’ emerso inoltre l’utilizzo di pregabalin (ansiolitico) e hashish da circa un anno. Ci racconta un po’ di sé: da due anni in Italia, prima a Salerno dove ha lavorato, da un anno a Milano. Dice di vivere una forte condizione di stress per l’assenza di lavoro e alcuni problemi famigliari che non riesce a fronteggiare a distanza. Da circa un anno acquista saltuariamente pregabalin (2 euro a compressa) come automedicazione per ridurre lo stress e riferisce beneficio. Lo acquista da amici in Stazione Centrale.

A., 22 anni, Marocco.

Motivo della visita: escoriazioni bilaterali alle gambe (aspetto circolare, di non chiara origine). Alla visita non emerge la necessità di terapie mirate, se non disinfezione della zona. Notiamo che all’arto superiore sinistro presenta numerose lesioni da autolesionismo in guarigione, senza segni di infezione. Riferisce di tagliarsi per il forte stress associato alla sua condizione e per problemi famigliari. Utilizza pregabalin (ansiolitico) che acquista da amici in centrale e hashish come automedicazione.

Z., 16 anni, Afghanistan.

Motivo della visita: lesioni escoriate/ulcerate sovrainfette ad arto inferiore sinistro + lesioni pruriginose arti inferiori e superiori bilaterali. Presente barriera linguistica pertanto abbiamo comunicato con il poco inglese che ha imparato in viaggio. Transitante, sarebbe partito la mattina seguente per il Belgio. Riferiva che le lesioni erano insorte in Serbia (automedicate con dentifricio). Abbiamo medicato le lesioni, fornita una copertura antibiotica e crema e indicazioni per il trattamento della scabbia. Abbiamo consigliato una rivalutazione medica appena possibile. Abbiamo proposto alloggio per la notte, ma era accompagnato da amici maggiorenni e non volevano dividersi.

Tutte queste storie compongono un mosaico di cui Medicina di Strada è testimone, in prima linea, da diversi anni. Dalle testimonianze individuali, emergono alcune riflessioni più ampie. Una costante che osserviamo da diversi mesi oramai, al di là del paese di origine della persona che abbiamo davanti, della sua età o del suo percorso migratorio, è il crescente ricorso a sostanze di abuso o condotte di automedicazione con farmaci ansiolitici, che spesso sfociano nella dipendenza. Abbiamo intrapreso una raccolta di questi dati e quindi delle storie delle persone che incontriamo, consapevoli dei limiti legati alla raccolta sistematica di queste informazioni in un contesto di bassa soglia. La situazione è sicuramente sfaccettata e senza una spiegazione univoca, ma da una raccolta più sistematica delle storie dei nostri utenti emerge come tali condotte possano nascere in diversi contesti: alcuni già abusavano di sostanze o farmaci ansiolitici nel paese di origine, altri si sono trovati ad assumerli, inizialmente non per loro scelta, nelle strutture detentive, quali i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), infine alcuni hanno cominciato ad abusarne ricorrendo al mercato nero qui in Italia. Le condotte di abuso e dipendenza si vanno quindi ad aggiungere a situazioni già complesse dal punto di vista sociale, rendendo difficile l’idea di un percorso di cura convenzionale presso i servizi pubblici adibiti alla cura delle dipendenze, i SerD, decimati nell’organico e nelle azioni da decenni di sottofinanziamenti.

                             


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