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I Luoghi e le Persone – I corpi delle donne


I piedi e le gambe di una donna migrante portano i segni della precarietà e delle fatiche del viaggio, tra confini che feriscono e soglie che trasformano. Ogni passo è un atto di resistenza contro le barriere visibili e invisibili.


I corpi delle donne

Che ne è di loro? Varcato il nostro confine terrestre o marittimo, si perdono tra le tante schiere di donne immigrate che popolano le nostre città. Non tutte riescono a entrare nel sistema di accoglienza. Molte sono ai margini, non sono riuscite a inserirsi e spesso sembrano refrattarie a farlo. Perché?

Entrare nel tritatutto del sistema è un’impresa ardua, e per le donne, in un mondo ancora molto maschile, ancora di più. Quali sono i lavori che le aspettano?

Da una parte lavori di cura, omologandosi al ruolo materno, oppure dall’altra lavori legati all’estetica estremizzando la propria femminilità. Difficile che vengano spinte allo studio della lingua, allo studio in generale, proiettandole verso un percorso culturale di acquisizione di altre professionalità.

Infine la procreazione. Quale atto di maggiore ribellione se non quello di rifiutarsi di fare figli? Una ribellione molto forte, troppo forte, che non viene accettata con facilità, non solo nel loro mondo di origine, ma neppure in questo. La madonna col bimbo in braccio fa ancora troppa presa.

Come gesto estremo non faccio che pensare a una donna minuta minuta, somala, in un centro di accoglienza di sole donne – donne sole o donne con figli -, una donna incinta, con al suo attivo già tre figli. Senza alcun freno inibitorio, senza alcuna paura del dolore e di eventuali problematiche, la donna con grande naturalezza ha partorito davanti alla stanza della coordinatrice del centro, lasciando esterrefatti tutti gli operatori. Il suo corpo scosso dalle contrazioni era lì davanti a tutti pronto a dare al mondo un altro bimbo, anzi un’altra bimba. La sensazione di un corpo alieno, che non le apparteneva, come fosse una macchina senz’anima.

Come accogliere le “donne migranti”? Come rispettare le loro storie e le loro culture senza cascare nella trappola dell’occidente moderno ed emancipato? Ascoltando i loro bisogni e i loro desideri, fornendo loro strumenti linguistici e culturali riflettendo con loro sulla strada da percorrere insieme.

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