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Il Naga si racconta – Il gruppo Accoglienza

Il gruppo Accoglienza

Accogliere, dal latino “accolligere”: ricevere, e in particolare ricevere nella propria casa, soprattutto riguardo al modo, al sentimento, alle manifestazioni con cui si riceve. Così il vocabolario.

Già il suono della parola “accogliente” suggerisce un’immagine di apertura, braccia aperte, mani che si stringono. Ha una risonanza  quasi poetica. E invece di poetico non c’è nulla nella nostra accoglienza, solo un’umanità quasi sempre dolente che scende i pochi gradini della scala d’accesso.

Zaini, carrelli della spesa, borse di tela o di plastica, di frequente pesanti e consumate, che contengono letteralmente la vita di queste persone, ricordi magari, vestiti puliti, forse, referti di visite mediche, fotocopie spiegazzate e sbiadite di documenti e permessi di soggiorno scaduti. E lo stato d’animo di chi arriva da noi.

La baldanza dei giovani nordafricani, così ingenui nella loro convinzione di avercela fatta solo perché sono arrivati qui.

Il senso pratico di chi sa come porre domande ben formulate, nella speranza di avere informazioni immediate e precise.

Lo smarrimento di donne e uomini anziani che arrivano accompagnati dai figli, non sanno una parola di italiano e sai che non lo impareranno mai.

Il vuoto che ti senti dentro quando devi compilare la scheda anagrafica e chiedi al nuovo arrivato ‘dove abita?’ e ti senti rispondere ‘una notte qui, una notte là’, ‘per strada’ o semplicemente ‘non so’.

L’Accoglienza è essenzialmente impegnata a interfacciare l’ambulatorio medico, che del Naga è stato fino dalla sua fondazione il servizio attorno al quale si sono strutturati tutti gli altri. Prendiamo appuntamenti, rispondiamo al telefono, ma non solo. Aiutiamo l’organizzazione degli altri sportelli negli orari di ricevimento, ma non solo. Accogliamo le persone che hanno bisogno di una visita medica, cercando di comprendere le loro necessità per indirizzarle al medico generico o allo specialista o per avviarli alle strutture ospedaliere del San Paolo e del Niguarda, con cui manteniamo rapporti di collaborazione, ma non solo; compiliamo la cartella elettronica cercando di non limitarci ai semplici dati anagrafici, ma provando a instaurare un rapporto seppur minimo con la persona che ci troviamo di fronte, anche semplicemente dando ascolto ai loro racconti e alle loro richieste, come quella che segue.

Un giorno arriva da noi un nordafricano alto, molto alto, con evidenti segni di instabilità mentale. In un linguaggio italo-ispano-arabico chiede degli psicofarmaci che al Naga vengono somministrati solo dopo attenta valutazione medico-psichiatrica: glieli neghiamo. Così protesta, alza la voce, assume atteggiamenti aggressivi. Poi consapevole di non ottenere nulla, si sdraia sul pavimento a braccia e gambe aperte disegnando una croce. Perplessi, decidiamo per il momento di far finta di niente, di ignorarlo. Dopo alcuni lunghi e difficili minuti, la medica di turno decide di dargli un farmaco blandamente calmante,  spiegandogli per quanto possibile i benefici effetti che ne ricaverà, anche se non è lo psicofarmaco richiesto.  Il suo atteggiamento cambia, si rimette in piedi e comincia a ringraziarci con un profluvio di parole: accompagnandolo verso l’uscita sui primi gradini della scala, all’improvviso dall’alto dei suoi quasi due metri si china sull’accogliente e lo bacia in testa. Poi se ne va.

Il ruolo dell’Accoglienza non è però circoscritto solo alla soluzione temporanea, a volte molto… creativa di un problema o di una richiesta: è più trasversale, perché il nostro incarico è anche quello di capire, nonostante le barriere linguistiche, e indirizzare le persone verso il servizio giusto, che spazia dalle informazioni sul permesso di soggiorno, alle opportunità per imparare l’italiano, a dove dormire/mangiare/lavarsi, a come ottenere la residenza o la tessera sanitaria, a come iscrivere i bambini a scuola…

Infinite sono le domande che ci vengono poste, difficile spesso trovare le risposte, a volte pressoché impossibile, perché dietro a ciascuna c’è una storia con la sua variabile umana e perché la nostra buona volontà si scontra di frequente con servizi esterni, norme e leggi poco chiare o addirittura carenti: nonostante queste oggettive difficoltà, il percorso che fornisce una prima assistenza, ma soprattutto indirizza alla rivendicazione e all’acquisizione dei diritti fondamentali della persona comincia qui: al bancone dell’Accoglienza.

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