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I Luoghi e le Persone – Il ballerino di lap dance


Non posso dormire dentro, ma posso , forse, accamparmi al ridosso di questo luogo di pace, cercando di farmi contagiare…


Il ballerino di lap dance

Mi stupisco sempre di come sia facile parlare di capacità di accogliere e di sospensione del giudizio, di approccio empatico, di apertura nei confronti della diversità. Di come mi riempio la bocca con tante parole, contro il razzismo, la rigidezza, il moralismo. Di come sia facile prenderne le distanze teoricamente e invece di come sia difficile farlo con tutto il cuore.

Ogni volta che varco la porta del Naga Har, il giorno del mio turno allo sportello, entro col cuore leggero e scevro da tossine e ne esco col cuore molto pesante. Pesante non solo per le iniquità di cui sono testimone e in qualche modo partecipe, ma anche per la difficoltà ad accettare la mia impotenza. E più mi scontro con la mia impotenza più cerco giustificazioni ai mille ostacoli che incontro con dei giudizi di merito che in qualche modo alleggeriscono il mio stato d’animo e danno un senso -anche se errato- alla mia impossibilità di agire.

Era giovane e leggermente distratto. Occhi grandi e miti, un’aria vagamente depressa. Sicuramente non uno che la vita la prende in mano, con piglio e determinazione cercando di darle la direzione che vorrebbe prendesse. Ci racconta che ha scoperto di essere attratto dai maschi quando aveva 12/13 anni. E da allora la sua vita è andata in salita. Nulla è più stato come prima. Continui sotterfugi per riuscire a incontrare il suo primo fidanzato, per evitare lo stigma violento della famiglia e della comunità. Neppure a scuola poteva più andare. Sottoposto a una vera e propria persecuzione decide, intorno ai 17 anni, di scappare. Insieme al suo compagno lascia il paese e dopo un lungo viaggio attraversando vari confini, finalmente arriva in Libia dove lo attendono i lager libici, lavoro pesante, violenza e una vaga possibilità di fuggire verso l’Europa, il continente paladino dei diritti. Il compagno viene rapito da una banda e dopo mesi verrà a sapere da alcuni testimoni che è stato ucciso. Col cuore pesante lascia le sponde libiche a bordo di un precario barcone e raggiunge la Sicilia. Ma arrivato in Italia i suoi problemi non saranno risolti. Fatica ad ambientarsi, a trovare una sua dimensione: un breve periodo in un centro di accoglienza e poi la strada, lo spaccio, la galera per più di un anno.

Lungo la sua strada trova anche chi lo accoglie e lo sostiene, ma lui “non fa mai nulla per prendersi la vita in mano” e quindi anche chi tenta di aiutarlo perde convinzione ed entusiasmo. La richiesta di asilo non viene accolta, gli viene rifiutata qualsiasi protezione. Le tenta tutte con un avvocato, ma senza successo. In questa situazione, non sapendo più come fare a regolarizzarsi, varca la soglia del Naga Har…

E mi racconta sorridendo imbarazzato che si guadagna da vivere facendo il ballerino in un locale notturno. A mia volta sorrido con lui. Non so spiegarmi perché, ma sono felice per lui.

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