
Gruppo studi No CPR
Il Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di via Corelli è aperto ormai da più di tre anni. L’orrore che si perpetua in quel luogo, grazie all’inchiesta della Procura di Milano che ne ha messo sotto i riflettori la struttura e la gestione, è finalmente diventato visibile anche a chi non aveva voluto sapere, nonostante le ripetute denunce pubbliche, le inchieste giornalistiche e l’intensa attività di sensibilizzazione svolte dalla rete Mai più Lager – No ai CPR.
L’inchiesta – che per ora coinvolge l’ente gestore, i titolari della società e una dipendente della stessa – è divenuta pubblica l’1 dicembre 2023 quando la Guardia di Finanza, su mandato della Procura di Milano, ha eseguito una perquisizione del centro trovando conferme che corroborano le ipotesi di indagine secondo le quali ci sarebbero gravi inadempienze a livello di gestione amministrativa, condizioni igieniche della struttura e gravi carenze nella tutela dei diritti delle persone detenute, in particolar modo per quanto riguarda il diritto alla salute.
L’intervento della Magistratura è senza dubbio l’esito del grande lavoro di monitoraggio e sensibilizzazione che è stato svolto intorno al CPR fin da prima che entrasse in funzione, inizialmente per tentare di scongiurarne l’apertura, in seguito per capire cosa realmente accadesse all’interno di un posto impenetrabile alla società civile e poco attenzionato anche dalle stesse istituzioni che dovrebbero agire come garanti del suo corretto funzionamento, ad eccezione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale.
Oltre alla nostra costante attività di denuncia svolta insieme alla Rete Mai più Lager – NO ai CPR, i passaggi principali di questo lavoro collettivo sono stati i due sopralluoghi effettuati dal senatore De Falco, supportato da due attiviste della Rete Mai più Lager – No ai CPR e volontarie del Naga, che ha potuto constatare molte gravissime violazioni che si consumavano in via Corelli. I due report che ne sono seguiti, Delle pene senza delitti. Istantanea del CPR di Milano nel 2021 e Delle pene senza delitti. Istantanea del CPR di Milano – Un anno dopo nel 2022, le hanno messe in luce e segnalate direttamente al Tribunale attraverso esposti alla Procura in cui si chiedeva, tra le altre cose, il sequestro e chiusura della struttura. Nel 2023, il Naga partecipa inoltre a un’inchiesta del mensile Altreconomia nel denunciare il costante abuso di psicofarmaci usati come sedativi in alcuni CPR. In ottobre 2023 il Naga e la Rete No CPR pubblicano infine il report Al di là di quella porta – Un anno di osservazione dal buco della serratura del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Milano. Il lavoro riporta quanto emerge in un anno di monitoraggio del CPR, realizzato cercando le fonti laddove si potevano trovare. Le informazioni, una volta riscontrato il muro d’opacità interposto dalle istituzioni che le avrebbero dovute fornire, le abbiamo dovute trovare per vie traverse: “analizzare un CPR significa aggirare ostacoli, ipotizzare, strappare prove lottando in tribunale e raccogliendo informazioni da trattenuti, parenti e loro legali, diversificare le fonti e metterle a confronto”, come abbiamo scritto nel report. La scelta del titolo vuole subito porre la grossa questione dell’impossibilità da parte della società civile di conoscere realmente cosa avviene all’interno.
Fondamentale è stato il risultato della sentenza del Tribunale di Milano che, accogliendo il ricorso dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), ha imposto di permettere alle persone detenute di avere la piena disponibilità del telefono cellulare con la conseguenza di creare un canale di comunicazione diretto con il centralino Naga SOS CPR CORELLI. Teniamo a evidenziare che il muro di cui si diceva prevede anche l’assoluta invisibilità pubblica del numero di telefono del CPR. Chi voglia provare a contattarlo si ritrova a fare una ricerca in rete che, come risultato, porta al sito del Naga in cui viene presentato il nostro centralino. I soggetti più disparati lo compongono pensando di parlare con l’amministrazione: dipendenti dell’ente gestore, poliziotti che devono portare in via Corelli una persona, Questure che vogliono sapere se ci sono posti disponibili, Procure che chiedono informazioni su una persona trattenuta, familiari che cercano di parlare con i loro cari o chiedono la restituzione di denaro trattenuto dall’ente gestore.
Tutto il materiale utile è stato ottenuto con ricorsi in tribunale, accessi agli atti, accessi civici generalizzati, cartelle cliniche, sopralluoghi e faticose verifiche, che hanno permesso di ricostruire e documentare un quadro di sistematica violazione dei diritti. Il report è stato riportato, con lunghissime citazioni, negli atti della Procura con cui venivano richiesti al Giudice per le indagini preliminari (GIP) i provvedimenti d’urgenza per interrompere la situazione di illegalità che si stava perpetuando in via Corelli: il sequestro di Martinina srl, affidata a un amministratore straordinario, e l’interdizione della stessa a partecipare a gare pubbliche per un anno. Non si tratta dell’auspicata chiusura del centro, ma è comunque il risultato della luce dei riflettori aperta su un luogo oscuro e che tale doveva rimanere.
Il clamore mediatico che ha accompagnato la perquisizione della Guardia di Finanza ha permesso la riapertura di un dibattito sul significato stesso della detenzione amministrativa con prese di posizione da parte di esponenti politici che hanno finalmente cominciato a parlare di chiusura del CPR come istituto e non solo della riconversione a centro di accoglienza di quello situato in via Corelli, come avvenuto in passato. La speranza è che ciò porti a un impegno reale per conseguire effettivamente questo obiettivo.
Da parte nostra, abbiamo intenzione di continuare a lavorare proseguendo l’attività di monitoraggio attraverso il canale del centralino e dei rapporti diretti, nuove richieste di informazioni alla pubbliche amministrazioni – che continuano a rifiutarsi di fornirle, come sarebbe dovuto per garantire la trasparenza del loro agire – e seguendo direttamente l’inchiesta proponendoci di attivarci per permettere alle persone che hanno subito la violazione dei diritti fondamentali di presentarsi come parti civili, qualora si arrivasse effettivamente a un processo.
Inoltre, riteniamo importante attivarsi per creare reti sui territori dove si trovano gli altri CPR allo scopo di riscontrare come Milano non sia un’eccezione negativa dovuta alla pessima gestione di un singolo ente gestore e all’incapacità, se non alla mancanza di volontà, da parte di chi dovrebbe controllare il suo operato, di svolgere il proprio ruolo. L’intero sistema dei CPR, nella sua normalità, funziona come mostra il report. Anzi, valutiamo di aver individuato solo una parte degli abusi avvenuti in via Corelli. E, soprattutto, la presenza dei telefoni all’interno della struttura e l’attenzione da parte della società civile impediscono fatti più inquietanti che le testimonianze ci raccontano avvenire altrove.
In conclusione di questo breve resoconto dell’attività dell’associazione sul tema CPR, benché abbiamo salutato positivamente l’intervento della magistratura milanese, la narrazione e il dibattito pubblico non possono limitarsi all’apertura di singoli casi, anche se sempre più frequenti come dimostrano le recenti cronache che riguardano, tra gli altri, i CPR di Palazzo San Gervasio (PZ), Gradisca d’Isonzo (GO) e Macomer (NU). A nostro parere, la questione fondamentale è l’esistenza stessa dei CPR e di tutti gli altri non luoghi dove viene applicato l’istituto della detenzione amministrativa. Luoghi dove le persone straniere vengono detenute esclusivamente a causa della commissione di un illecito amministrativo, cioè il semplice fatto di non essere in possesso di un titolo di soggiorno valido per la permanenza sul territorio nazionale. Ci auguriamo che le iniziative delle procure di Milano e Potenza, che a sua volta ha aperto un’altra inchiesta sul locale CPR, possano essere l’occasione di un dibattito pubblico che allarghi il consenso verso l’unico obiettivo che riteniamo perseguibile. Quello dell’abbandono definitivo della pratica della detenzione amministrativa con l’abolizione dei CPR.